domenica 23 maggio 2021

ANTROPOLOGIA:

 COS'E' LA RELIGIONE

 Oggi per religione si intende un insieme di credenze che si fondano su dogmi e cerimonie, che hanno lo scopo di avvicinare i fedeli ad esseri soprannaturali; se questi essere sono molteplici la religione is dice politeista, se è uno solo monoteista. Generalmente le divinità vengono venerate in luoghi appositi.

Questa non è però una regola: alcune religioni non hanno dogmi, alte non hanno dei (Buddhismo), ed alter nemmeno templi. Se dunque spostiamo la nostra attenzione da questi aspetti che sono puramente formali, possiamo definire la religione come un complesso di pratiche e credenze che riguardano dei fini ultimi e di cui si fa garante una forza superiore. Questa definizione esprime dunque la dimensione di significato della religione, ovvero dei valori che esprime, e del potere, costituita dalla credenza che vi sia un essere superiore che influenzi la vita umana.



Le credenze di una religione sono spesso relative alle preoccupazioni umane: la religione offre ai credenti la facoltà di affrontare le loro sofferenze e le ingiustizie terrene, diffondendo la speranza che esista un mondo migliore.

Oltre a ciò ha anche la funzione di unire gli individui secondo valori comuni: per la diffusione delle religioni sono spesso importanti i testi sacri, anche se non in tutte sono presenti; in particolare le religioni monoteiste propongono come valori buoni solo alcuni determinati e costanti, mentre quella politeiste sono sempre pronte ad accogliere nuovi dei e nuove energie.

SIMBOLI SACRI

 Ad esercitare un ruolo importante nelle religioni sono i simboli, perché rimandano a qualche verità profonda. Emile Durkheim definì le simbologie religiose come fonte di autorità nei confronti della divinità, che suscitano quasi timore, sopratutto per chi non è consacrato.

Secondo altre analisi, i simboli religiosi hanno la facoltà di dare orine ad un mondo caotico, quindi di consolare gli esseri umani.

Perchè un simbolo risulti riconoscibile, bisogna che la sua sacralità si imponga alla sensibilità dei soggetti; quest'ultimi però devono essere educati al riconoscimento del simbolo stesso. Questo processo si realizza attraverso i riti: infatti una religione non può essere vissuta veramante se non attraverso i suoi riti.

E RELIGIONI SEMITICHE

Nel contesto religioso il termine 'semitico' è riferibile alle religioni dei popoli che usano lingue appartenenti a questo gruppo, così l'Ebraismo, il Cristianesimo e l'Islam sono definite religioni semitiche. Con il termine 'semita' possono anche essere indicate le religioni politeiste che fiorirono nel Vicino Oriente antico.

LA RELIGIONE EBRAICA
La storia ebraica ha inizio con il patriarca Abramo che, primo uomo ad avere l’intuizione che esiste un solo Dio creatore del mondo, riceve la promessa che dalla sua discendenza nascerà un popolo che risiederà in perpetuo nella terra di Canaan. Si tratta di un vero e proprio patto che Dio stipula con Abramo, suggellato dall’obbligo per ogni ebreo maschio di essere circonciso alla nascita, ‘quale segno del Patto’.
Il corpo legislativo completo (la Torà) si ha solo con Mosè che sul Monte Sinai riceve direttamente da Dio i Dieci Comandamenti, e li riceve nel deserto terra di nessuno e quindi di tutti, perché fosse chiaro che il Decalogo appartiene all’umanità e non è una esclusiva ebraica.
La missione particolare che i discendenti di Abramo hanno assunto (“Siate santi poiché sono Santo Io, il Signore Dio vostro”), comporta per gli ebrei una serie più ampia di precetti (mitzvoth): 613 obblighi (divisi in 248 azioni positive da compiere e in 365 azioni vietate) che regolano la vita di relazione, i rapporti con il prossimo e con il mondo animale e i rapporti con Dio.
Fra gli obblighi che competono a ciascun ebreo: lo studio, l’istruzione religiosa dei figli, la purità familiare, le regole alimentari (kascherut), la zedakà (beneficenza), l’onestà e la giustizia, l’aiuto alla vedova e all’orfano, il rispetto dei genitori e l’onore agli anziani, l’ospitalità, la visita ai malati e alle persone in lutto, il rispetto del sabato e delle feste.
Il codice che raccoglie tutti gli insegnamenti orali che sono stati consegnati sul Sinai e successivamente arricchiti dalla tradizione rabbinica è la Mishnà, redatta nel II secolo. L’altro testo fondamentale della cultura ebraica è il Talmud (vi sono due versioni, il Talmud Bavli e il Talmud Yerushalmì) che contiene discussioni e insegnamenti dei Maestri.
Tra i principi fondamentali dell’Ebraismo, un aspetto rilevante riveste il concetto di “Messia” (la traduzione della parola ebraica Mashìach, che significa “unto”, in riferimento all’usanza antica con cui venivano unti i re o i sommi sacerdoti). che è colui che verrà scelto dal Signore e che redimerà Israele e introdurrà una nuova era di pace, di felicità, di bontà fra gli uomini di tutta la terra. Col suo avvento, infatti, cesseranno le sofferenze, le distruzioni, le guerre; il malvagio sarà punito e il giusto premiato (“Dimorerà il lupo con l’agnello; si coricherà il leopardo con il capretto, e il vitello e il leone staranno assieme e un piccolo ragazzo li guiderà. La mucca e l’orso pascoleranno, assieme giaceranno i loro piccoli e il leone come il bue mangerà paglia”, Isaia). Con l’avvento del Messia Israele, tornerà alla terra dei suoi Padri ma soprattutto tutti i popoli riconosceranno la sovranità del Signore, Dio Unico.

IL CRISTIANESIMO

Il cristianesimo ha origini molto antiche ed è sorto in Asia, per la precisione in Palestina, circa 2.000 anni fa. Nonostante la sua “veneranda” età questa religione non è comunque la più arcaica tra quelle diffuse nel mondo, il culto verso Buddha, ad esempio, nacquecirca seicento anni prima di Cristo e, quando i cristiani si diffusero nel mondo per portare la parola di Gesù, i buddisti avevano già “compiuto” più di 200 anni.
Il cristianesimo, come l’Ebraismo e l’Islamismo, è unareligione monoteista, ovvero si identifica e crede in un solo e unico Dio che si rivela all’uomo, gli si manifesta e comunica con lui, oltre che parlargli anche per mezzo di suoi “inviati speciali” (profeti).
Nel caso del cristianesimo Dio non manda solo i profeti a diffondere la sua parola, ma invia sulla Terra addirittura suo figlio, Gesù Cristo, che morirà sulla croce dopo essersi fatto uomo, quindi dopo essersi incarnato e dopo aver partecipato attivamente alla vita del suo popolo.
Il cristianesimo riconosce Gesù come il Cristo (Messia) attestato dalla Torah e dalla tradizione ebraica e, nella quasi totalità delle sue denominazioni, come Dio fatto uomo. La teologia cristiana delle principali e più diffuse Chiese cristiane nacque con i primi credi ecumenici, come il Credo niceno-costantinopolitano, che contengono dichiarazioni accettate dalla maggior parte dei seguaci della fede cristiana.
I concetti fondamentali sono: Trinità, Gesù Cristo, figlio di Dio e salvatore dell'umanità, Amore verso Dio e verso il prossimo
Secondo i testi neotestamentari e la teologia cristiana, Gesù di Nazareth fu crocifisso, morì e fu sepolto, ed è poi risorto dal regno dei morti aprendo le porte del Paradiso a chi crede in lui per la remissione dei propri peccati (salvezza). Gesù è quindi asceso al cielo, dove regna con Dio Padre, e tornerà per giudicare i vivi e i morti, e destinerà ciascuno al Paradiso oppure all'Inferno.
Le tre divisioni principali della cristianità sono il cattolicesimo, il cristianesimo ortodosso e le varie denominazioni del protestantesimo. Il Grande Scisma del 1054 divise la cristianità calcedoniana fra la Chiesa cattolica romana e la Chiesa ortodossa. Il protestantesimo nacque all'interno della Chiesa cattolica a seguito della riforma protestante nel XVI secolo, dividendosi poi in varie ramificazioni. In quanto fede religiosa il cristianesimo ha i suoi contenuti (dottrina). Questi, secondo la tradizione, si basano sulle rivelazioni di Dio al popolo di Israele (tradizione comune anche alla religione ebraica), sulla predicazione del Vangelo con la dottrina di salvezza di Gesù di Nazareth detto "il Cristo" ("unto", "consacrato" da Dio). Questa tradizione è rispecchiata nella Bibbia (Antico Testamento e Nuovo Testamento), considerato un testo ispirato da Dio, e quindi un testo sacro.
Importante anche l'elaborazione teologica e cristologica, dei secoli successivi, presente nella letteratura cristiana delle differenti sottocorrenti religiose e nei Padri della Chiesa, la quale utilizza, in nuove sintesi, anche alcuni termini e concetti propri della teologia greco-romana precristiana. Dare una definizione unitaria del cristianesimo è difficile, poiché esso – più che una singola religione in senso stretto – si può considerare una serie di correnti religiose, devozionali e/o metafisiche e/o teologico-speculative, modi di comportarsi, abitudini quotidiane spesso eterogenee, aventi sì un comune nucleo di valori e credenze religiose, ma differenti tra loro a seconda del modo in cui interpretano la tradizione e la sua letteratura religiosa, e a seconda di quale aspetto diviene oggetto di focalizzazione per le singole correnti.




L'ISLAM
La parola araba "Islam" significa letteralmente "sottomissione, donare il proprio viso a Dio", e indica una religione monoteista (ossia con un unico dio).
Sviluppatosi nella Penisola Arabica, nei secoli l'islam si è espanso in Asia, in Africa e in Europa. I suoi fedeli  sono chiamati musulmani - si scrive con una sola "s" - e, nel mondo, sono circa 1,5 miliardi (i cristiani sono circa 2,2 miliardi).
Il grande portavoce della religione musulmana è stato Maometto (nato attorno all'anno 570), considerato dai suoi fedeli l'ultimo profeta inviato da Dio al mondo e incaricato, grazie alle rivelazioni dell'arcangelo Gabriele, di far conoscere all'umanità la parola di Dio.
Per i credenti, dunque, l'Islam è l'insieme delle rivelazioni fatte all'umanità da Allah (ossia Dio) fin dall'epoca del primo profeta, Adamo. Queste rivelazioni  sono contenute nel libro sacro dei musulmani, il Corano (che significa "predicazione") che è come la Bibbia per i cristiani.
Il Corano è  formato da 114 capitoli di varia lunghezza, divisi in versetti, e deve essere imparato a memoria dai fedeli .
I musulmani pregano cinque volte al giorno  all'alba, a mezzogiorno, nel pomeriggio, al calar del sole e di notte. Ogni momento di preghiera è segnato dal richiamo del muezzin (un fedele scelto come capo della preghiera) che, dall'alto della torre più alta della moschea (minareto) invita i fedeli a pregare.
La moschea è la casa di Dio, è priva di ogni immagine di Dio (perché Allah non può essere rappresentato dai mortali) ed è ornata con semplici figure di animali, piante e arabeschi.Prima di entrare in una moschea, i fedeli devono lavarsi mani e piedi per purificarsi, e coprirsi il capo in segno di riverenza nei confronti di Dio. In moschea si entra scalzi, per questo le moschee hanno tappeti sul pavimento.
Per pregare, nel caso in cui non possa recarsi in moschea, il fedele stende a terra un piccolo tappeto orientato verso la Mecca, la città in cui nacque Maometto. Ogni buon musulmano si deve recare in pellegrinaggio alla Mecca almeno una volta nella vita.
Come ogni religione poi, l'islam prevede delle festività di precetto che scandiscono momenti importanti nella vita di un religioso. Il più famoso tra questi momenti è senza dubbio il Ramadan, il digiuno rituale che ogni anno deve essere affrontato da tutta la comunità musulmana.
Se chiedete a un musulmano di spiegarvi che cosa sia l'islam vi dirà probabilmente che è una religione antichissima basata sulla pace, sulla misericordia e il perdono, ed è vero.
Alcuni dei concetti contenuti nelle rivelazioni di Allah, però, sono stati distorti e mal interpretati da fanatici senza scrupoli e, uniti a sentimenti di invidia, odio, razzismo e ambizione di dominio politico hanno dato origine al "fondamentalismo islamico", un modo di vedere la religione che fa uso della violenza e del terrorismo, e ben lontano da quanto contenuto nel Corano.
La vera religione islamica è pace, misericordia, perdono e conoscenza.

LA FAMIGLIA CINESE

 La Cina è un paese multietnico e multiculturalenon c’è una religione ufficiale. Nel corso della storia della civiltà cinese si sono sviluppate diverse religioni, filosofie e credenze che hanno dato il loro contributo all’architettura tradizionale (basti pensare ai templi, per esempio), alla letteratura e alla cultura in generale.

Taoismo e Buddhismo sono le religioni più diffuse in Cina, ma anche Islam e Cristianesimo (cattolici e protestanti) hanno lasciato un’impronta nella storia dell’Impero Cinese.


IL TAOISMO

"Taoismo" si riferisce a una varietà di ordini di filosofia e rito che operano nella religione cinese. Essi condividono un'origine comune ed elementi che risalgono al IV secolo a.e.v. e alle culture preistoriche della Cina, tra cui la scuola dello yinyang o dei naturalisti (阴阳家 yīnyángjiā) e il pensiero di Laozi e Zhuāngzǐ. Il taoismo ha una tradizione scritturale distinta, di cui il Tao Te Ching (道德经 "Libro della via e della sua virtù") di Laozi è considerato la pietra angolare. Il taoismo può essere descritto precisamente, come fa l'accademico e iniziato taoista Kristofer Schipper in The Taoist Body (1986), come una cornice dottrinale e liturgica, o una struttura, per i culti locali della religione indigenE. Le tradizioni taoiste enfatizzano la vita in armonia con il Tao, termine di difficile traduzione che può voler dire "via" come "sentiero", ma anche "modo" o "principio", e che è centrale anche in altre tradizioni filosofico-religiose cinesi. Nel taoismo, il Tao è il principio che è sia fonte che modalità di sviluppo di tutte le cose che esistono. Esso è in definitiva ineffabile: "il Tao che può essere nominato non è il Tao eterno", recita l'introduzione del Tao Te Ching.

Solo a partire dalla dinastia Han, le varie fonti del taoismo si unificarono in una tradizione coerente di organizzazioni religiose e ordini di ritualisti. Nella Cina più antica, i taoisti erano visti come eremiti, o asceti, che non prendevano parte alla vita politica. Zhuangzi fu il più conosciuto tra costoro, ed è significativo che egli visse nel sud, dove prese parte a tradizioni sciamaniche locali.Sciamane donne giocarono un ruolo importante nel primo taoismo, particolarmente nello stato di Chu. I primi movimenti taoisti svilupparono le proprie istituzioni in contrasto con lo sciamanesimo, ma assorbendo elementi sciamanici fondamentali. Sciamani funsero da rivelatori dei testi taoisti dal primo periodo sino almeno al XX secolo.

Ordini istituzionali di taoisti si svilupparono in varie correnti che da tempi relativamente recenti sono convenzionalmente raggruppate in due grandi branche: il taoismo Quanzhen ("Piena Verità") e il taoismo Zhengyi ("Retta Unità").  Le scuole del taoismo tradizionalmente mostrano venerazione per Laozi, gli immortali o antenati, e praticano vari rituali di esorcismo e divinazione, tecniche per raggiungere l'estasi, la longevità o l'immortalità. L'etica e il modo appropriato di comportamento che i taoisti sono tenuti a seguire variano in base alle particolari scuole, ma in generale è condivisa un'enfasi sul precetto del wu wei ("azione non forzata"), la "naturalezza", la semplicità, la spontaneità, e i cosiddetti "tre tesori": compassione, moderazione, umiltà.


 

CONFUCIANESIMO

Il confucianesimo o ruismo è considerato da alcuni studiosi come una religione, e da altri come una tradizione etico-spirituale. Secondo Yong Chen (2012), la definizione di cosa sia il confucianesimo è "probabilmente una delle questioni più controverse sia nella scolastica confuciana che nella disciplina degli studi sulle religioni".

Guy Alitto  evidenzia come "non esista equivalente letterale per il concetto occidentale (e poi mondiale) di 'confucianesimo' nel discorso tradizionale cinese". Egli afferma che furono i Gesuiti in missione nella Cina del XVI secolo a selezionare Confucio tra i diversi saggi della tradizione per servire come controparte al Cristo o a Maometto, venendo incontro alle concezioni religiose occidentali.








LA FAMIGLIA INDIANA

Le due principali religioni della famiglia indiana sono l'induismo e il buddismo; i testi sacri sono i veda, che risalgono al II millennio aC e sono redatti in sansrito. Le divinità principali sono Brahma, la creazione, Vishnu, la conservazione,  e Shiva, la distruzione. Il profeta del buddismo è Siddhartha Gautama, il Buddha. 



Altre religioni della famiglia indiana sono il nanismo e il sikismo, un unione di induismo ed islam. 

IL SAMASARA, IL CICLO INFINITO

Il termine sanscrito saṃsāra indica, nelle religioni dell'India quali il Brahmanesimo, il Buddhismo, il Giainismo e l'Induismo, la dottrina inerente al ciclo di vita, morte e rinascita. È talora raffigurato come una ruota.

In senso lato e in un significato più tardo, viene ad indicare anche "l'oceano dell'esistenza", la vita terrena, il mondo materiale, che è permeato di dolore e di sofferenza, ed è, soprattutto, insustanziale: infatti, il mondo quale lo si vede, e nel quale si vive, altro non è che miraggio, illusione  māyā. Immerso in questa illusione, l'uomo è afflitto da una sorta di ignoranza metafisica (avidyā), ossia da una visione inadeguata della vita terrena e di quella ultraterrena: tale ignoranza conduce l'uomo ad agire trattenendolo così nel saṃsāra.



LA SCALA DEGLI ESSERI UMANI

Al centro di queste religioni vi è l'idea che vi sia un ciclo di reincarnazinazione.

Per reincarnazione si intende la rinascita dell'anima, o dello spirito di un individuo, in un altro corpo fisico, trascorso un certo intervallo di tempo dopo la sua morte terrena.

Il termine reincarnazione è considerato sinonimo di metempsicosi ed è riferito in particolare al mondo culturale e religioso orientale e a movimenti spiritistici che descrivono una trasmigrazione in altri corpi, anche vegetali, animali o minerali sino a quando l'anima non si sia liberata completamente dalla materialità Olimpiodoro ritiene più corretto il termine "metensomatosi" (da σῶμα, sôma, "corpo"), che si ritrova in Plotino [3] indicante il passaggio dell'anima esclusivamente in corpi umani. L'espressione "trasmigrazione dell'anima" è un adattamento dal latino tardo trasmigrātĭo-ōnis derivato da trasmigrāre quindi da migrāre espressa con i termini di "metempsicosi" o "metensomatosi", è attribuibile anche a Pitagora o anche a Ferecide.


LE CASTE NELLA RELIGIONE INDIANA

Le origini del sistema delle caste in India e Nepal sono sconosciute, ma sembra abbiano avuto origine più di duemila anni fa. Con questo sistema, che è associato con l’induismo, le persone sono state classificate sulla base delle loro occupazioni. Anche se in origine casta dipendeva dal lavoro di una persona, divenne ben presto ereditaria, e ogni persona di fatto nasceva in una condizione sociale inalterabile.

Le grandi classi che formano l’intera società sono chiamate varna, letteralmente “colori”, mentre il termine casta di derivazione portoghese, traduce il sanscrito  jati cioè “nascita”, infatti per gli induisti nascere significa innanzitutto entrare a fare parte di una casta.

La classificazione registra quattro caste principali che sono: brahmani i sacerdoti; Kshatriya i guerrieri e nobili; Vaisya gli agricoltori, commercianti e artigiani; e Shudra, mezzadri e servi. Alcune persone sono nati al di fuori o al di sotto del sistema delle caste, e questi sono chiamati gli  intoccabili che nel XX secolo sono stati definiti spesso con il termine dalit a tradurre “gli oppressi”.


LA FIGURA DEL GURU

Guru è un termine maschile sanscrito che presso la religione induistaha il significato di «maestro spirituale» ed è rivolto in particolar modo a colui che impartisce la dīkṣā al suo discepolo; si tratta dunque di una figura molto importante in questa religione, comune a tutte le scuole filosofiche e devozionali dell'Induismo, avente diritto al massimo rispetto e alla venerazione al pari del padre, della madre e dell'ospite.




SOCIOLOGIA

 I CONSUMI DELLA SOCIETA' POSTMODERNA: IL CONSUMISMO

 Nella società postmoderna, il consumo è un'attività che sta acquisendo una sempre maggiore portata.Il consumo può essere inteso, sia dal punto di vista economico che sociologico: l'acquisto di un bene o un servizio nel primo caso, oppure l'uso di quel bene o servizio nel secondo caso.

Comunicazione Strategica per la Negoziazione, la Relazione e il Cambiamento  - Sesvil University

Dopo la seconda guerra mondiale, la capacità di consumo dei beni venne estesa a strati sempre più ampi della popolazione, chiamati ad assorbire, con i loro acquisti, i prodotti realizzati da industrie desiderose di vendere. Il consumo, è dunque un ingranaggio senza il quale l'organo del capitalismo non funzionerebbe. Si può infatti descrivere il sistema industriale come un processo a spirale, che gli studiosi chiamano sviluppo o crescita dell'economia: le industrie producono beni che devono essere venduti e consumati, affinché ci sia bisogno di produrre altri beni, per sostituire quali consumati in modo tale da mantenere attivo il meccanismo produttivo.

Come già accennato precedentemente, nel corso del Novecento, le classi in grado di consumare divennero molto più estese. Inoltre, in breve tempo, l'offerta di prodotti industriali per ciascuna tipologia di beni si è moltiplicata, rendendo necessario differenziarla, in base alle sue caratteristiche; parallelamente, si diffuse il fenomeno pubblicitario per promuovere i prodotti ed indurrebbe persone comprarli. Da qui nacque il consumismo, ovvero la tendenza a consumare più beni di quelli di cui si ha una reale necessità.

Oltre che i beni materiali, la società consumistica ricerca i cosiddetti beni intagliatili, ovvero non materiali, come vacanze, viaggi, spettacoli, ecc.

Nelle pratiche del consumo, hanno 4 caratteristiche principali:

  • le marche permettono ai consumatori di distinguere i beni ed esprimere le loro preferenze, e alle aziende di farsi riconoscere; al contempo, in base alla percentuale di acquisto possono differenziare la loro offerta.
  • le grandi marche commercializzano in tutto il mondo, proponendo stili di vita globalizzati; allo stesso tempo, vengonoutilizzati dalle singole culture per creare una loro identità e raccontando qualcosa di loro.
  • la grandissima offerta di stili di vita diversificati, crea identità sociali mutevoli.
  • questa mutevolezza, alimenta nelle persone un senso di incertezza, che al contempo aumenta il consumo, nella ricerca del prodotto più rappresentativo per l'individuo.

LE RELAZIONI DI GENERE NELLA SOCIETA' POSTMODERNA

Nella società odierna, i ruoli di genere nel contesto familiare, stanno perdendo di rigidità e quindi portando alla necessità di autodeterminarsi. Ciò può causare spesso molti disagi all'interno di alcune coppie, mentre in altre unicamente un cambiamento di stile di vita. In generale però, si può dire che si ha una più ampia condivisione famigliare delle scelte e delle responsabilità, che passano attraverso la discussione e la condivisione delle opinioni personali.


L'origine di questo fenomeno è dovuta al dibattito, insorto nel 1960, sulla parità tea uomo e donna. In particolare furono le donne che posero sotto riflessione il loro ruolo e tentarono di creare un equilibrio tra i due sessi; furono fatti istituiti nuovi spasi nell'ambito del diritto e del lavoro. Ad oggi, questa lotta è portata avanti non solo in Europa, ma anche nei Paesi in via di sviluppo, all'interno die quali il divario è ancora più profondo.

Come conseguenza della rivalutazione del ruolo femminile, anche il ruolo maschile venne messo sotto esame: infatti nelle culture occidentali, alcuni stereotipi legati al ruolo maschile stanno iniziando a perdere di peso. La supremazia che l'uomo ha storicamente avuto sulla donna, oggi è visto come un privilegio da combattere, oltre che come una limitazione; infatti, diversi studi hanno dimostrato come il sessismo della società, abbia portato gli uomini a cedere una parte del loro carattere, archetipicamente femminile.

I mass media sono  dei mezzi per la comunicazione di massa.

Questi mezzi tengono informati tutti gli esseri umani di ciò che accade nel mondo.Sono vari i mezzi con cui vengono trasmessi i messaggi; da sempre la scrittura che sta alla base della comunicazione di massa con i libri e i giornali, grazie all’invenzione di stampa . Il cinematografo poi, alla fine dell’ottocento ha avuto molto più successo perché non richiedeva competenze linguistiche particolari. Alla fine degli anni venti, alle immagini venne affiancata una voce narrante. Negli stessi anni, negli Stati Uniti, un nuovo mezzo di comunicazione molto incisivo fu la radio, inventata da Guglielmo Marconi. Il mezzo che ha conquistato in breve tempo un ruolo egemonico, che mantiene ancora oggi, è la televisione. A tutt’oggi infatti si ha un incremento notevole grazie alle trasmissioni via cavo. Un altro mezzo di comunicazione innovativo e molto sfruttato è internet, che offre agli utenti della rete, qualsiasi tipo d’informazione in qualsiasi momento.

Grazie ai mass media la società è fortemente cambiata nei comportamenti e nei valori. Inoltre i mass media, aiutano nella socializzazione nello sviluppo e nel consenso dell’ordine e nella diffusione dei valori culturali.
La comunicazione di massa però, crea a volte dei disagi come l’allarmismo ingiustificato, dovuto a notizie non ben identificate e l’isolamento degli individui.
mass media inoltre influenzano le nostre opinioni, il nostro modo di essere e di pensare, in altre parole veniamo manipolati da questi.  I mass media offrono comunicazioni molto diversificate per soddisfare tutti i gusti di un pubblico molto ampio e vario.
L’audience è il mezzo con cui si misura il successo dei vari prodotti di mercato: indica quali e quanti consumatori guardano e usano un determinato prodotto.

LE DIFFERENZE CULTURALI

Nell'ottobre 1989, in Francia accadde un episodio particolare: tre studentesse islamiche si presentarono in classe con il capo coperto dall'hijab, secondo la tradizione musulmana, e furono espulse dalle autorità scolastiche dopo essersi rifiutate di toglierlo durante le lezioni. Seguendo questo esempio, pochi giorni dopo successe la stessa cosa ad altre ragazze islamiche in altre scuole. Le ragazze furono infatti accusate di una troppo vistosa ostentazione religiosa. Similarmente, la stessa cosa è capitata con la poligamia. 



L'aspetto notevole è che le problematiche riguardo a questi aspetti, si manifestano solo quando le vulture emigrano dal loro paese di origine; e questo trascende da quale siano il paese di provenienza e il paese di arrivo. 

La conflittualità tra culture, deduciamo, è causata dalla stessa migrazione di culture. Infatti, il problema è andato ad intensificarsi nell'utltimo decennio, poiché è proprio in questo periodo che le migrazioni si sono intensificate; inoltre, generalmente, le culture migranti non sono propense a mischiare la loro cultura con quella del nuovo paese, creando così la compresenza tra tradizioni diverse.

E' importante notare però che oggigiorno, l'Europa e gli Stati Uniti (luoghi a cui vedono i migranti orientali) stanno attuando delle riforme per valorizzare la multiculturalità, a causa della decadenza dell'ideale illuminista di uguaglianza come valore: oggi si tende a considerare le differenze individuali e sociali come un valore positivo.

 I MOVIMENTI PER I DIRITTI CIVILI

Il dibattito sulle differenze culturali nasce negli anni Settanta in Nordamerica: essi iniziarono a denunciare le opposizioni subite in passato e a chiedere equità. In particolare, in questa prima fase, si chiedeva maggiore inclusione sociale e piena cittadinanza. In un secondo momento, tuttavia, alcuni movimenti radicali iniziano a sostenere che l'ideale di uguaglianza appartenete ai movimenti liberali (per esempio) non sia altro che un'ingiusta pretesa assimilazione, che finisce in ogni caso per favorire un'elitè. Per take ragione si sviluppa la credenza che non sia importante omologare gli individui, ma valorizzare le loro peculiarità e rendere queste accettate. 

A partire dagli anni Ottanta, negli Stati Uniti va a perdersi l'ideale che una società perfettamente amalgamata possa garantire equità; si propende dunque per la rivendicazione delle proprie origini e tradizioni. L'Europa parallelamente, è scossa dalla cosidetta questione delle minoranze nazionali: la presenza, sui territori, di gruppi etnici stranieri che non si sono mai integrati. A questo si aggiungono le continue problematiche causate dai flussi migratori, da parte di persone intenzionate a stabilirsi nei territori per lunghi periodi di tempo, non visti molto bene dalle popolazioni autoctone. 

IL MULTICULTURALISMO

Attraverso tutti questi fenomeni, ci si è resi conto che le tradizioni culturali non hanno struttura uniforme e richiedono sempre maggiore valorizzazione. Con il termine multiculturalismo si indica un modello di convivenza interfonica fondato sulla valorizzazione delle differenze ed accettazione. 

Una sua versione più moderata sostiene che esistano degli diritti fondamentali appartenenti a tutti gli uomini, a prescindere dal loro stato di provenienza. In un'altra più radicale viene affermato che il sistema attuale non rispetta pienamente le esigenze individuali, e pertanto richiede che vengano introdotti specifici diritti collettivi, che sovrastino il pensiero dei singoli.


 I RITI RELIGIOSI, PROFANI E DI PASSAGGIO

Generalmente un rito religioso può essere inteso come un complesso si azioni e gesti, la cui sequenza è prestabilita e fissa. I riti hanno particolare importanza perché suscitano emozioni collettive e personali che hanno un ruolo importante nel trasmettere la visione del mondo, i valori, le credenze di una religione. Infatti, non è necessario che un rito sia religioso, ma anche si stampo patriottico o sociale: tali riti vengono detti profani. In ogni caso, i riti sono sempre connessi a qualcosa di sacro: i valori, le autorità, identità, potere. Se i riti ci indicano cosa fare, ci indicano parallelamente anche cosa non fare (tabù): infatti, tutta la vita sociale è legata ad essi.



Invero, il passaggio degli individui da una condizione sociale o spirituale ad una diversa, è sempre sottolineata da una circostanza sacra. Tale sacralità deriva dal fatto che i riti sono compiuti in nome di determinate divinità. Tali riti vengono chiamati riti di passaggio; anche i riti di iniziazione sono riti di passaggio, perché sanciscono il cambiamento da una condizione sociale ad un altra, e con questo si assume anche un nuovo modo di vedere il mondo. 

LE COMUNITA' LOCALI

La corporeità umana costituisce una condizione imprescindibile della vita in una società, che viene da essa determinata: infatti, si è inesorabilmente vincolati nel tempo e nello spazio, a causa del nostro corpo, della nostra fisicità.

In questa analisi, lo spazio è la condizione che permette di vivere collettivamente, mentre il tempo è espressione delle caratterizzazioni che la società sta prendendo in quel momento. Ogni società, anche le più impensabili come quelle digitali, è vincolata da questi due fattori: si dice che esse siano caratterizzaste dalla medesima unità geografica e dallo stesso periodo storico, e per questo prendono il nome di comunità locali. Le comunità locali sono caratterizzate da legami sociali foti: generalmente, in un piccolo paese si creano legami sociali più stretti rispetto ad una grande città, e le persone hanno maggiore capacità di identificarsi.



Le comunità locali, negli ultimi decenni, hanno subito una forte regressione, a causa della spinta alla globalizzazione, dell'industrializzazione e della modernizzazione. Una delle conseguenze di questo processo è stata la perdita di legami profondi, per lo sviluppo di legami anomici ed interpersonali. I legami sociali più rilevanti nella vita sociale, non sono più legati al territorio, ma alle organizzazioni sociali.

Nonostante l'allargamento dei fronti territoriali, è bene notare che si riscontra comunque un condizionamento mentale, in base alla moda del quartiere o della città in cu un individuo vive. Le agenzie economiche fanno ovviamente leva su questo fenomeno, per arricchirsi: sono nati così i distretti industriai.

Molti studiosi hanno visto nello sviluppo di queste realtà un delle nuove comunità, anche se a differenza di quest'ultime, nelle città e nei quartieri mancano legami stretti ed affettivi.

IL SETTORE TERZIARIO

A fronte delle problematiche organizzative caratteristiche del welfare, si sta introducendo una nuova forma di stato sociale: al terzo settore, che si prepone di ovviare alle gravi difficoltà sociali e di dare risposta alle nuove esigenze sorte negli anni. Queste iniziative, è bene notare, che oltre dallo Stato, provengono anche dai privati: strutture per il tempo libero, spedali privati, asili nido, ecc. In generale, il settore terzo, propone l'erogazione di servizi di pubblica utilità, con lo scopo della solidarietà e non del pronto: consiste dunque in un punto intermedio fra lo Stato e il privato, e la sua importanza sta proprio in questo. 



Tra le più importanti organizzazione di questo tipo, troviamo quelle di volontariato, che forniscono servizi di varia natura in via gratuita, e di assistenza familiare di mutuo aiuto domestico. Inoltre, ultimamente sono state introdotte le cooperative sociali, realtà sociali deputate alla promozione sociale e all'integrazione sociali; possiamo ricordare anche gli enti religiosi, che si occupano di beneficienza. Le fondazioni bancarie, introdotte negli ani '90, hanno inventato l'obbiettivo di perseguire valori collettivi e finalità di utilità generale; simile lavoro è compiuto dalle fondazioni di tipo imprenditoriale. 

E' necessario ricordare, inoltre, le associazioni Olnus, ossia associazioni che godono di un particolare regime fiscale. Hanno scopo non lucrativo e operano in campi di assistenza sociale e sanitaria, nella beneficienza, nella formazione, nello sport, nella cultura, a tutela dei diritti e nell'ambito della ricerca scientifica. Fortunatamente sono molto diffuse nel mondo. 

I LIMITI DEL TERZO SETTORE

Nonostante i vantaggi che il terzo settore può comportare, esso presenta anche dei limiti. Il principale è la pianificazione: potrebbero nascere delle organizzazioni non veramente utili, o con molte lacune. Infatti non esiste un vero e proprio controllo della qualità delle prestazioni erogate. Inoltre vi è un problema di autonomia del privato sociale dal potere politico: lo Stato potrebbe non essere sempre in grado di finanziare questi enti.


LE POLITICHE SOCIALI ITALIANE: LE PENSIONI

 Il sistema previdenziale italiano rappresenta il 60% delle spese sociali dello Stato, ma tuttavia non opera un'efficace redistribuzione del reddito nazionale, poiché le modalità in cui questi servizi sono stati proposti rimane minima; fondamentalmente il sistema pensionistico resta molto incentrato sull'occupazione, ovvero per chi svolge un'attività pubblica. 

L'ASSISTENZA

Per quanto riguarda l'assistenza, il sistema italiano consiste nell'erogazione di servizi specifici per i vari gruppi sociali, a seconda delle loro esigenze: segue infatti una logica assistenzialistica: non vi sono organizzazione mirate al miglioramento delle condizioni di disagio, ma si agisce retroattivamente. Nel 2000 è stato introdotto un principio che imponesse che l'assistenza avesse un'organizzazione precisa e organica: oggi dunque lo Stato predispone delle prestazioni sociali forgiabili alle persone; poi delega alle regioni il compito di organizzare interventi concreti. E' bene notare che si sta sempre di più cercando di rimuovere le cause prime dei disagi, più che il disagio stessi.



LA SANITA'

Nel 1978 è stata introdotta una riforma che preponeva uguali condizioni di accesso ai servizi sanitari, indipendentemente dalla condizione economica e sociale delle persone. Esso stabilisce i livelli essenziali di sanità, mentre per i livelli più avanzati ciascuno concorre alle proprie spese in base al reddito.


LA SCUOLA

La scuola non appartiene allo stato sciale, ma può essere considerato un ottimo strumento per il welfare, poiché riduce l'analfabetismo. Nonostante questo, l'istruzione presenta un'ampia serie di problematiche.

In primo luogo, i servizi per la prima infanzia sono completamente a carico dei contribuenti, e spesso non sono presenti abbastanza posti per garantire il servizio a tutti. In secondo luogo, la scuola di massa, finisce per adottare procedure standardizzate ed impersonali, con il conseguente abbassamento degli standard qualitativi. Inoltre, nel nostro paese, la spesa pubblica per l'istruzione è andata progressivamente calando: dunque, si investe molto poco sul futuro degli studenti e sulla ricerca.


LE POLITICHE SOCIALI: L'ASSISTENZA SOCIALE

 Uno dei modi concreti con i quali agisce il welfare state è la previdenza sociale, ovvero l'emanazione di misure riparatorie in caso di infortunio o situazioni, e di prevenzione nei confronti delle stesse. La più nota forma di previdenza sociale è la pensione, che fu introdotta abbastanza di recente. 

Nei vari regimi, l'accesso alla provvidenza è regolato in maniere differenti: un esempio può essere l'autofinanziamento da parte del lavoratore, versando periodicamente una quota allo Stato; oppure può accadere che il versamento di tale quota sia affidato alle assicurazioni. 

In alcuni stati, questi provvedimenti riguardano anche cittadini che si ritrovano in situazioni di povertà, di emigrazione o di devianza, ovvero tutte quelle persone che si trovano in una situazione di svantaggio nel condurre la loro vita. Parallelamente possono occuparsi di ovviare a situazioni che potrebbero mettere in grave pericolo l'ordine pubblico, come situazioni di criminalità.

L'assistenza sociale funziona grazie alla creazione di servizi atti alla cura della persona, che possono recarsi ai consultori o centri minorili.


L'ASSISTEZA SANITARIA

L'assistenza sanitaria consiste nel finanziamento di strutture ospedaliere e nell'erogazione di cure per la persona, e anche questa è una tipologia di servizio offerto dal welfare.

LA MATERNITA'

Anche la maternità viene considerata come condizione da tutelare, e pertanto rientra nelle condizioni del welfare; essa viene supportata tramite un intervento parziale: diminuzione degli rari lavorativi e assistenza sanitaria gratuita. Inoltre, vengono forniti servizi sociali per le persone in maternità, come per esempio consultori familiari.



LA NUOVA TIPOLOGIA DI WELFERE STATE 

Le problematiche di cui si è appena parlato portarono le società Occidentali a dover riorganizzare l'organizzazione dello Stato sociale: in particolare, nel 2008, venne rinnovato il sistema economico finanziario della distribuzione dei beni, per coinvolgere più ambiti. 


Se prima, nel momento di un infortunio il welfare interveniva con un indennizzo, in modo riparatorio, oggi viene richiesto l'autonomizzazione della persona, ovvero che impari da sola a ovviare ai suoi problemi (ed essa viene messa nelle condizioni per farlo). Questo fenomeno viene detto welfare attivo. Questo risulta molto innovativo, come ha fatto notare il premio nobel per l'economia Sen, poiché da una nuova definizione alla povertà, ovvero la mancanza di mezzi di per ottenere il riscatto sociale; pertanto offre delle potenziali nuove soluzioni ad essa.

E' bene osservare però, che queste tecniche sono strettamente collegata alla volontà individuale, dunque non hanno efficacia garanita completamente. Se però dovesse funzionare, ne beneficerebbe sia il sistema che al persona stessa, aumentando le sue capabilities.




LA CRISI DEL WELFERE 

Nonostante i grandissimi benefici che può portare lo stato sociale, esso ha anche dei difetti, che iniziarono a palesarsi durante gli anni '80 e '90. Le ragioni della sua crisi riguardarono problemi finanziari, di organizzazione e di legittimità; infatti, una società non può avere sempre le risorse necessarie per garantire ai suoi membri una protezione sociale complessiva, soprattutto se è molto complessa. Infatti, una società molto estesa tende alla burocratizzazione per forza di cosa, questo però non fa altro che aumentare le esse dello Stato sociale. In seguito alla diffusione della consapevolezza di queste problematiche, si è diffusa la consapevolezza dei limiti del welfare e per questo si sta dimostrando sempre più difficile dimostrarne la legittimità.





 LA STORIA DEL WELFERE STATE

Le prime leggi sulla previdenza e assistenza pubblica furono promulgate in Germania, tra il 1883 e il 1889 da Otto Bismark, il capo del governo. Con queste egli istituì delle assicurazioni sociali obbligatorie: delle somme di denaro che i lavoratori e gli imprenditori dovevano periodicamente versare allo stato, i caso si verificassero infortuni o casi di disoccupazione. Questo permise di avvicinare lo Stato alle persone che lo componevano.

 Solo dopo la fine della seconda guerra mondiale, questo ragionamento si estese anche in altri ambiti: vi fu l'introduzione , da parte dello Stato, di prestazioni a stampo universalistico, cioè rivolta a tutta la popolazione. Ciò avvenne per la prima volta in Inghilterra, paese a cui si associa tradizionalmente la nascita del Welfere State, con la pubblicazione del Rapporto Beveridge (1942), da parte dell'omonimo economista.

Questo rapporto trovò attuazione concreta a partire dal 1948, con la creazione del servizio medico nazionale gratuito e l'introduzione di altri importanti provvedimenti sociali,, riguardanti l'istruzione, la disoccupazione, ecc. Ne derivò un considerevole aumento della spesa pubblica, con la prerogativa però di redistribuire le ricchezze in modo da creare servizi per i cittadini stessi. 

Dopo l'Inghilterra, il Welfere si diffuse in diversi paesi, e sotto varie forme, particolarmente si diffuse in Europa, dove questo sistema rappresenta un caposaldo dell'istituzione di quasi tutti gli stati, anche dal punto di vista culturale. Particolarmente fiorente, fu il periodo intorno al 1970, caratterizzato da una forte innovazione dopo il dopoguerra. Infatti, l'aumento del consumo di beni, portò enormi risorse fiscali che consentirono il mantenimento del welfare; di conseguenza, infatti, vennero attuati molti provvedimenti in campo previdenziale, assistenziale e sanitario.

A COSA PUO' PORTARE L'UTILIZZO DEI MEDIA?

Con l'avvento dei meda, molti studiosi iniziarono a domandarsi su quali effetti il viluppo di quest'ultimi potesse avere.

Uno dei fattori che fu individuato per primo fu la capacità di manipolare le persone: con studi successivi venne però pacificato che questo può accadere solo in relazione a come il messaggio viene mandato e da come la società reagisce ad esso.

Alla luce di questi ragionamenti, l'attenzione venne spostata da cosa i media possano fare al pubblico, a casa il pubblico potrebbe fare dei media. Infatti, è stato osservato che è dipende da come il pubblico rielabora un messaggio, se questo sorbirà effetti a lungo termine. Al momenti, due fenomeni dati dall'utilizzo dei media, che sono stati notati sono: l'omogeniazione culturale e la modificazione dell'esperienza personale.

SOCIALIZZAZIONE E INTEGRAZIONE SOCIALE

Il principle effetto riscontrato dall'utilizzo dei media, è l'omogenizzazione dei comportamenti. Questa è una conseguenza della socializzazione: i media creano determinati modelli, che verranno seguiti da un gran numero di persone; in questo modo, si garantisce un'unificazione della cultura e una maggiore integrazione.

Sotto questo punto di vista, l'utilizzo dei media non può che sembrare positivo; è bene notare però che omologizione culturale può anche significare standardizzazione dei comportamenti, che quindi diventano prevedibili. Molti studiosi della scuola di Francoforte si occuparono di studiare questo fenomeno, sottolineando che la standarsizzazione dei comportamenti deve passare, per questioni di praticità, attraverso messaggi semplicistici, e per questo annientano la fantasia e il pensiero critico. Questo accade perché il fine ultimo è il consumo.


Molti critici di questa teoria affermano che in realtà, lo spettatore dei media è meno passivo di quello che può sembrare, in quanto capace di scegliere quali prodotti consumare. Inoltre, lo spettatore non è un individuo isolato: interagisce con determinati gruppi con i quali può discutere riguardo le sue scelte.

LA MODIFICAZIONE DELL'ESPERIENZA

I media costituiscono una finestra aperta su realtà distanti dalla nostra, sia in termini spaziali che culturali , portandoci dunque a fare esperienza di realtà anche molto distanti dalla vita quotidiana.  E' bene notare che però, non tutti i fatti che avvengono nel mondo vengono riportate dai giornali. Questo fenomeno prende il nome di agenda setting, e la sua teoria tocca i seguenti punti:Il pubblico è coinvolto in un dibattito rappresentato come una serie di questioni salienti in agenda.

  • L'agenda è il risultato di una mediazione tra le proposte avanzate dalle élite politiche e dall'opinione pubblica.
  • Tutti gli interessi tra loro divergenti tentano di imporre la propria visione e l'importanza del proprio argomento.
  • I media decidono gli argomenti cui prestare attenzione, cui dedicare spazio in base ad una serie di pressioni cui sono sottoposti.
  • Maggiore è l'importanza che i media dedicano alla questione, maggiore è il riconoscimento pubblico che l'argomento presentato riceve.
TRA REALTA' E FINZIONE

Aa giorno d'oggi sta diventando sempre più difficile trascendere la realtà materiale dalla realtà dei media, tanto che definiamo le nostre esperienze come un connubio tra i due. Questo avviene a causa della pretesa di trasmissione di verità assolute che i media hanno.

sabato 22 maggio 2021

PEDAGOGIA



Friedrich Fröbel, nato il 21 aprile 1782 in Germania, è stato un pedagogo tedesco, colui che ha teorizzato il concetto di “kindergarten” o “scuola materna”. 

FROBEL E I GIARDINI D'INFANZIA

 Secondo Fröbel, lo scopo dell'educazione, come afferma nella sua opera L'educazione dell'uomo, è la conoscenza della natura nel suo aspetto che coincide con l'essere umano e accompagnare l'autorganizzazione personale: l'intera natura sarebbe guidata da un'anima, ovvero una forma di intelligenza immanente, che regola sia la forma, che l'evoluzione delle cose. Per questo egli rifiuta la teoria della tabula rasa, e tramite una metafora naturalistica rousseuniana, afferma che l'apprendimento è fattibile se vengono seguite le esigenze individuali e naturali del fanciullo. Sono queste le premesse sulle quali egli basa la sua proposta di educazione infantile nei termini di un giardino: egli fona a questo proposito i Kindergarten, come alternativa all'educazione prescolare tradizionale. Fin da subito si configura come un modo per rompere con un modello di scuole di massa a struttura chiusa che non contemplava il contatto diretto dei bambini con il loro ambiente naturale.Inoltre, Fröbel ripensa anche la struttura della famiglia e le pratiche genitoriali, che secondo lui dovrebbero essere rafforzate da un’istituzione pubblica e professionale che agisce di pari passo. Fröbel era discepolo di Pestalozzi, che delegava molte responsabilità dell’educazione dei bambini alle madri.  Tuttavia, Fröbel, pur prendendo spunto da questa idea iniziale, difende anche un’educazione che prosegue con questo lavoro al di fuori dell’ambiente familiare. Per Fröbel dovrebbe esistere, oltre alla funzione educativa assegnata alle donne, come sosteneva Pestalozzi, anche un’istituzione pubblica responsabile della formazione dei bambini in età prescolare. Pertanto, il kindergarten rappresentava un compromesso tra l’educazione dei bambini in casa e quella sviluppata in un’istituzione creata con questo scopo. Secondo questa teoria, limitando le sue lezioni a tre o quattro ore al giorno, la scuola materna avrebbe avuto il compito di completare l’educazione del bambino e non di soppiantare la famiglia.


Nella sua filosofia, il bambino non è più solo una creatura da proteggere, ma detentore di diritto al gioco e di apprendimento. A proposito, rifacendosi alla filosofia naturale di Schiller, Fröbel concepisce il gioco come attività capace di far crescere il bambino secondo il suo ritmo e di cogliere in maniera intuitiva l'essenza della realtà e i processi del divenire naturale. Nonostante molti pedagogisti considerassero il gioco come distrazione e ricreazione, per Fröbel è invece il centro dell'educazione infantile: strumento per favorire l'espressione in maniera creativa e in stretto contatto con il linguaggio.Su questa base si sviluppa l'idea dei doni, cioè di giocattoli dotati di potere simbolico, capaci di far intuire al bambino le leggi del mondo. Al progredire del gioco, i doni hanno proprietà sempre più difficili da intuire. I primi sei che vengono introdotti al bambino hanno la funzione di insegnare le proprietà generali dei corpi, in particolar modo delle forme geometriche: il primo è la palla ed è, secondo Fröbel, il punto di partenza di tutte le altre forme. Il secondo dono è composto da una sfera, un cilindro ed un cubo. Fröbel volle che questi oggetti fossero accompagnati da alcuni versi cantati, non solo per far si che il bambino imparasse il linguaggio o sviluppasse l'udito, ma perché riuscisse a sviluppare idee chiare e distinte tra cui l'idea del calcolo.

 Il terzo dono, un cubo diviso in otto parti, dovrebbe far risvegliare nel bambino il senso dell'intero e della divisibilità dei corpi. Il quarto è un cubo diviso in otto mattoni mediante tre divisioni orizzontali e una verticale. Il quinto è invece, un cubo diviso obliquamente in ventisette cubi. In questo modo sarà facilitato l'insegnamento del calcolo. Infine, l'ultimo dono consiste in un cubo diviso in ventisette mattoni. Esso si ricollega al quarto dono ed è la progressione del quinto.Secondo Fröbel, grazie a tutti questi doni, il bambino dovrebbe acquisire l'idea dei solidi e le loro dimensioni (altezza, larghezza, lunghezza), esistono poi doni complementari che fanno procedere lo sviluppo intellettuale del bambino verso l'astratto.La pedagogia di Fröbel tardò ad avere successo, poiché le sue idee sembravano troppo innovative per la realtà del tempo. Infatti, il primo asilo aprì nel 1937. Da questo momento in poi, le sue idee pedagogiche vennero  sviluppate e messe in pratica nei modelli istituzionali come la scuola materna e successivamente si sono estesi in tutta Europa e in tutto il mondo, arrivando fino ai giorni nostri. Questo fu possibile grazie ad un'appassionata sostenitrice di questo modello, Bertha von Marenholz-Bülow


                             LA CURA DELL'INFANZIA E LA ''PEDAGOGIA POVERA''



 

A partire dal 19esimo secolo si andò ad affermare un nuovo interesse nei confronti dell'infanzia, differente dal precedente e più forte, legato a motivi romantici: la scoperta di un'età capace di vedere il mondo attraverso gli occhi dell'ingenuità e del sentimento, da crescere e correggere attraverso l'affettività.Un altro fattore di rilievo fu la crescente attenzione nei confronti della medicina, della crescita fisica e delle condizioni igieniche, sia da parte delle famiglie borghesi che di quelle più popolari. Questa maggiore attenzione divenne un fattore di prima necessità della società dopo il 1815: infatti, dopo lunghe guerre si conobbe finalmente un periodo di pace e benessere, che comportò un aumento della percentuale di nuovi nati. Nonostante questo, le condizioni di vita sia nelle campagna che nelle città, rimanevano deprecabili. Si andarono ad instaurare fenomeni come il vagabondaggio e l'accattonaggio da parte dei bambini, i quali cercavano denari per le famiglie. Inoltre, nei paesi in cui si sviluppò la prima industria, sempre più madri vennero impiegate nel lavoro extra casalingo, lasciando soli i figli e molto spesso abbandonandoli. Le condizioni di lavoro erano inoltre promiscue e molto spesso venivano portate a casa diverse malaria.Per questi motivi, comparvero in Europa molte iniziative educative e di assistenza, in favore di bambini e ragazzi. In particolare, si moltiplicarono le scuole infantili, grazie alla nuova considerazione dell'infanzia come età da proteggere. 


                                            ARISTIDE GABELLI E LA LEZIONE DI COSE



Aristide Gabelli può essere agevolmente considerato il maggior pedagogista italiano del secondo Ottocento, si colloca all'interno del movimento del positivismo che rispecchia l'orientamento culturale che prese l'avvio proprio intorno alla metà dell'Ottocento. 
Esso si caratterizza, un'attenzione ai fatti comprovabili, e di conseguenza fa particolare affidamento sul metodo scientifico, dedicandosi allo studio e all'analisi unicamente dei fatti concreti, senza nessuna concessione alla fantasia o ai ragionamenti metafisici che abbiamo visto essere tanto cari ai pensatori degli anni precedenti.La visione di Gambelli è contestualizzabile all'interno del clima post unitario che stava vivendo l'Italia in quel periodo (1880 circa, dove il più grande problema era dato dall'avanzato livello dell'istituzioni politiche e civili che avevano permesso l'unificazione della penisola contrapposto però a una notevole arretratezza a livello di popolo. Per Gabelli lo scopo dell'educazione doveva essere il bene comune, e quindi assegna alla scuola il delicato ruolo di formare gli italianiLa sua proposta educativa, nel concreto, è comunque piuttosto moderata: si tratta di promuovere la libertà di pensiero attraverso l'impiego di una modalità di insegnamento basata sul metodo scientifico ed empirico.A livello metodologico, molto forte è la critica che il Gabelli avanza nei confronti delle strategie didattiche tradizionali, atte alla trasmissione di valori in modo dogmatico più che allo sviluppo del ragionamento logico: l'alunno deve essere in grado di pensare con la propria testa. Infatti, la fonte della sua riflessione riguarda se ci sia veramente un'utilità nella scuola elementare, considerando che le informazioni presso esse impartite vengono subito dimenticate. Giunge dunque alla conclusione che siano necessari maestri che impartiscano in modo consono le informazioni: con il metodo induttivo.Egli suggerisce dunque un investimento sul metodo scientifico, visto come formativo in quanto, partendo dall'esperienza diretta, esso porta allo sviluppo dello spirito di ricerca, della capacità di analisi, dello spirito critico. L'importanza della scuola è posta dunque dalle cose che vengono effettivamente insegnate a come vengono insegnate: non sono più solo i contenuti che vanno a incidere sulla formazione dello studente, ma anche il modo con cui gli vengono presentati.A differenza di Herbert, Gabelli pone maggiore attenzione alla psicologia dell'alunno piuttosto che alla portata dei contenuti scolastici: egli è attento alle dinamiche infantili e rende il fanciullo un protagonista attivo e consapevole del processo educativo.

IL MUTUO INSEGNAMENTO 

 Nello stesso periodo in cui ebbero diffusione le teorie di Herbert si ebbe la nascita di un'altra tipologia di medito, chiamato "mutuo insegnamento" atto a formare i ceti popolari. Coloro che lo fondarono furono gli inglesi Andrew Bell e Joseph Lancaster i quali ebbero la stessa idea: avvalersi degli studenti più colti per aiutare i principianti. Era un metodo rapido ed economico di istruire 

Nelle scuole mutue l'insegnamento era limitato alla lettura, alla scrittura e al calcolo, e per le bambine il cucito. Le lezioni avvenivano in grandi stanca in cui moltissimi alunni si raccoglievano attorno ai loro coetanei insegnanti; quest'ultimi erano gli unici ad imparare direttamente dai professori. 

Le classi erano fornite di grandi cartelloni con l'alfabeto e le operazioni aritmetiche semplici. I gruppi di allievi, secondo il livello di preparazione, passavano da un cartello all'altro. I principianti si esercitavano nella composizione delle lettere e di calcoli: soltanto quando erano più esperti cominciavano a scrivere sulla lavagna e poi sui quaderni.

Nel corso dell'Ottocento, questo tipo di scuola ottenne successo presso i progressisti liberali, che giudicavano questo metodo come buono per abbattere il diffuso problema dell'analfabetismo per migliorare le condizioni di vita popolari.



LA QUESTIONE DEL METODO:JOHANN FRIEDRICH HERBART





Johann Friedrich Herbart può essere considerato il primo pedagogista nel senso moderno dell'espressione. Egli dà infatti una risposta alla natura della pedagogia: secondo lui, essa è una disciplina che comprende da un lato la filosofia morale per l'individuazione di infine educativo, e dall'altro la psicologia per le modalità attraverso le quali avviene l'apprendimento. Possiamo cogliere in modo lampante l'esempio kantiano: l'educazione ha una finalità morale personale e di conseguimento delle virtù. Per quanto riguarda la psicologia egli considerava la conoscenza umana come un processo che regola il flusso continuo di rappresentazione che varcano la coscienza. Associandosi, differenziandosi, componendosi, tali rappresentazioni anno a formare il quadro generale  del nostro sapere.Ogni affetto, ogni desiderio, ogni volontà consistono in rappresentazioni che diventano mano a mano più elevate, fino a raggiungere le idee modello quali libertà, perfezione, benevolenza, diritto, equità. Se questo processo non è ordinato secondo regole precise e seguito da un adulto, la crescita intellettuale e morale produrrà una personalità adulta pronta ad assumere le proprie responsabilità. Il processo di apprendimento intellettuale consiste dunque nella promozione ben concatenata e graduale di rappresentazioni tese a trasferire nel soggetto conoscenza e plasmare la moralità: l'istruzione educativa.La pedagogia di Herbart si propone come scienza pratica, ovvero impegnata a definire sia i fini che i modi per conseguirli.                                                 Sul piano del metodo fa tesoro sia degli insegnamenti di Pestalozzi sia delle sue esperienze come insegnante, creando un impianto generale caratterizzato da governo, disciplina o cultura morale e una didattica specifica. Egli sosteneva infatti che il punto di partenza di una buona educazione fosse un ambiente bene organizzato, nel quale gli alunni sono continuamente assistiti.  Bisogna inoltre abbinare una specifica caratterizzazione personale. Questo è possibile grazie a due  modalità: l'impiego di premi e castighi e la costruzione di una disciplina interiore tramite l'apprendimento. E' inoltre necessario uno sforzo per creare la moralità mediante l'esercizio intellettuale. Impegno nell'apprendimento esercito la volontà e costituisce per formare il senso etico personale.L'impianto metodologico herbertiano prevede una serie di dettagliate prescrizione didattiche destinate agli insegnamenti, tra cui spiccano la necessità di chiarezza, associazione, ordine sistematico e metodo. Bisogna che l'educazione sia proporzionata all'età del bambino.



VERSO LA SOCIETA' ALFABETA 

 A partire dal XIX secolo andò a configurarsi quella società che noi chiamiamo moderno, ovvero che riconosce la necessità di essere alfabetizzata almeno a livello basilare e che vede nella generalizzazione della scuola il mezzo per rendere i bambini adulti all'altezza dei tempi, capaci di inserirsi nella vita sociale e produttiva in modo attivo.

La diffusione delle scuole era sostenuta sia dagli esponenti della modernità, ma anche da chi ne diffidava pensando che essa avrebbe annichilito la parte tradizionale e religiosa della vita: entrambi sostenevano l'essenzialità della scuola per l'attuazione di un processo di progresso, assolutamente necessario.

Il modello di vita borghese era considerato un esempio e andava esteso anche ai ceti sociali più poveri . A questo scopo furono attivate le tecniche di self-help secondo le quali ciascuno possiede le capacità per migliorare la propria condizione.




I NUOVI LIBRI DI TESTO

In seguito alla laicizzazione della scuola si dovette compiere un ulteriore passo: la laicizzazione dei libri di testo. 

Comparvero a tale scopo i libri pubblicati dagli illuministi come Basedow,  trasmettevano valori laici, senza escludere il rispetto di quelli religiosi: elogiavano la laboriosità, l'uomo della ragione e inducevano ad amare la scuola. Questi ammonimenti avevano lo scopo di mantenere l'ordine sociale.

Sul piano didattico questi libri proponevano l'insegnamento dell'alfabeto attraverso testi brevi; non mancavano i testi scientifici, nei quali si spiegava l'utilità pratica. In generale miravano a stimolare il ragionamento negli alunni, non la memorizzazione come facevano i testi religiosi.

Gli insegnamenti morali erano veicolati da esempi, in cui ad un'azione buona corrispondevano ricompense positive e viceversa; tutto in chiave laica ovviamente: non vi era alcun riferimento al peccato divino.

Il tema dell'utilità della scuola ritornava con insistenza: nelle comunità sopratutto campagnole era necessario stimolare le persone a voler intraprendere un percorso scolastico.


LA RIFORMA SCOLASTICA DI MARIA TERESA E GIUSEPPE II 

Tra gli anni sessanta e settanta del 1700 tutti gli istituti scolastici furono chiamati a riorganizzare i propri sistemi scolastici, al fine di sostituire ai gesuiti dei nuovi insegnanti. 

Particolarmente importante fu quello che accadde durante l'impero di Maria Teresa e suo figlio Giuseppe II i quali diedero vita a riforme che gettarono le basi del moderno sistema scolastico direttamente gestito dallo Stato. I sovrani erano infatti convinti che fosse loro dovere prendersi cura del popolo; inoltre l'estendere la scuola a tutto il popolo avrebbe fatto crescere il tasso di istruzione e l'autodisciplinamento, ma anche una fedeltà nei loro confronti.

Garantire l'istruzione al popolo lo avrebbe reso in grado di pensare, e di conseguenza anche di rivoltarsi; non concedergliela però avrebbe significato andare contro gli ideali illuministici stessi: i sovrani riuscirono a garantire questo equilibrio.

La loro riforma era quasi priva di punizioni: insegnare la ragionevolezza delle leggi era più utile che punire e basta.





LA RIFORMA SCOLASTICA TERESIO-GIUSEPPINA

Nel 1765 l'abate Von Felbiger stilò dei provvedimenti simili a quelli degli imperatori, ma applicandoli per i sudditi cattolici della Slesia, area prevalentemente protestante. Notò che molti cattolici mandavano i loro figli nella scuole luterane, in quanto in quelle cattoliche l'apprendimento non era altrettanto di qualità; tentò così di ampliare la scuola anche a questa fede, dandogli un'impronta prevalentemente cattolica. 


Nel 1774 fu chiamato da Maria Teresa a Vienna per introdurre alcuni miglioramenti necessari nel sistema scolastico austriaco, avviando il sistema scolastico detto "normale".  Tale metodo permette di organizzare una serie di norme didattiche molto dettagliate per l'apprendimento della lettura, della scrittura, del calcolo e del catechismo.

La sua riforma, che prevedeva di rendere la scuola primaria obbligatoria, fu resa possibile grazie all'esproprio dei beni della Compagnia. Così nello stesso anno la sovrana firmò l'ordinanza stesa da Felbiger che imponeva l'obbligo scolastico ai fanciulli di entrambi i sessi dai sei ai tredici anni e istituiva le scuole elementari minori, dalla durata di un anno, in cui venivano insegnate le abilità di base. Poi vi erano le scuole elementari maggiori, dalla durata di tre o quattro anni, e le scuole normali. In quest'ultime vi erano i corsi di formazione per maestri.

Nel 1778 fu nominato direttore principale del sistema scolastico austriaco, carica che mantenne fino a dopo la morte di Maria Teresa. Giuseppe II continuò il processo di riforma, rendendo le scuole elementari gratuite e favorendo la laicizzazione del corpo docente. La politica asburgica ebbe l'effetto di raddoppiare il numero delle scuole e migliorare la formazione dei maestri. Però, siccome alcune scuole erano situate in campagna ed altre in città, le quali potevano pagare meglio i maestri, nacque il concetto di status, legato al grado di istruzione che si richiedeva agli insegnanti: nelle campagne lo erano molto meno.

Molti giovani iniziarono a dedicarsi a questa professione, mentre i sacerdoti sempre meno, considerando che non riuscivano a convogliare il lavoro pressala chiesa con l'insegnamento. Possiamo affermare che al maestro religioso si sostituì quello laico.

Una novità fu l'introduzione delle maestre laiche: le ragazze poterono così accedere ad un lavoro rispettabile.

Questa necessità di formare maestri sempre più competenti in ambito pedagogico e didattico, spinse l'impero a fondare, nel 1805, la prima cattedra di pedagogia all'università di Vienna; il primo insegnante fu Vinzenz Eduard Milde, sensibile alle proposte dell'illuminismo, ma anche legato alla fede cristiana.

Nella Lombardia austriaca questa riforma ebbe grande successo; si diffuse poi nel resto della penisola in epoca napoleonica.

Il caso asburgico fu però isolato in Europa: raramente i governi si mostrarono propensi ad accogliere tali riforme.


L'ISTRUZIONE FEMMINILE

 Nel corso del 1600/1700 si registrò un periodo di trasformazione delle consuetudini, che regolano i rapporti tra le donne e gli uomini, che portò all'affermazione dell'importanza di un'alfabetizzazione quantomeno primaria delle donne.


 
Come accadeva ormai da secoli, le ragazze venivano educate in casa da parte delle madri, all'onorabilità (per garantire il mantenimento del buon nome della famiglia). Le ragazze più ricche potevano permettersi un precettore, ma prevaleva in ogni caso l'interiorizzazione dei comportamenti all'apprendimento di nozioni. solo le ragazze più ricche potevano ambire ad un'educazione superiore, ricevuta nei conventi o in congregazioni femminili. A differenza dei collegi maschili, le ragazze affiancavano alle nozioni di storia e geografia in lingua volgare, anche lezioni di lavori domestici e cucito (se particolarmente abbienti potevano aggiungere lezioni di danza, musica e disegno). Accadeva che anche le ragazze povere potessero accedere a questi collegi; a loro venivano impartiti però solo i concetti rudimentali dell'alfabeto. Le ragazze, a differenza dei maschi, potevano accedere in qualsiasi periodo dell'anno alle strutture.

Nel corso del 18esimo secolo sorsero nuove iniziative in ambito religioso, considerano la trascuratezza che si era verificata fino ad ora. Nacquero così dei gruppi atti alla formazione di suore.

Nel frattempo però iniziarono ad emergere le prime insegnanti laiche le quali rappresentavano una sempre crescente richiesta di scolarizzazione. 


UNA NUOVA SENSIBILITA'

Durante l'Ottocento, la concezione dell'infanzia non era affatto omogenea: vi era infatti, un'infanzia borghese, ed un'infanzia contadina; sopratutto questo punto risultò essere critico, perché spesso i bambini non andavano a scuola, ma a lavorare: Erano molto soggetti a malattie come il vaiolo, inoltre. I movimenti che denunciarono questa situazione furono quelli della poetessa inglese Elizabeth Barret Browning, e degli scrittoti come Victor Hugo e Charles Dickens, ma particolarmente i feuilleton, ovvero un giornale; inoltre ricordiamo le opere di Tolstoj, tradotte in esperimenti educativi dei ragazzi nelle campagne, e quelle di Itard e Seguin per i ragazzi con disabilità. 

Questi sono gli antefatti di una pedagogia puerocentrica. Anche in Italia, questa nuova sensibilità emerse dalle opere letterarie: grazie all'uscita, a puntate, sul "giornale per bambini" di Pinocchio, da parte di Carlo Collodi. In quest'opera viene per la prima volta espresso, il diritto di essere bambino. Parallelamente, nel 1897, Giovanni Pascoli, pubblica diversi saggi nei quali concepisce la teoria del fanciullino, che vede l'infanzia come unico momento in cui l'individuo può essere considerato puro.

IL TRAMONTO DELLA PEDAGOGIA POSITIVISTA

Verso la fine del secolo, il positivismo iniziò a vacillare, in quanto considerato inadatto a spiegare il senso della vita. In pedagogia, venne abbandonata la filosofia di Spencer, per favorire quella di Kant e Herbert; pertanto si favorì una concezione del metodo scientifico come mezzo per completare l'educazione, non per determinarla, e in ambito metodologico vennero applicate le tecniche degli Herbertianti tedeschi. Il principale esponente di questo movimento fu Luigi Credaro, il quale si dedicò alla diffusione dell'educazione popolare e al rafforzamento dell'educazione scientifica. Altri, come la Montessori, agirono in ambito più prettamente pedagogico.


LA NUOVA CONCEZIONE DELLA PEDAGOGIA: IL XX SECOLO

Il XX secolo si aprì con una grande fiducia nei confronti dell'educazione, e con un interesse nel rendere quest'ultima più rispettosa nei confronti delle esigenze infantili. Nel 1902 uscì infatti il saggio della scrittrice svedese Ellen Key, chiamato Il secolo dei fanciulli, in cui si affermava che se l'infanzia fosse stata posta al centro della vita pubblica e privata, l'umanità sarebbe stata resa migliore. Il testo divenne un punto di riferimento per i maggiori pedagogisti del secolo, tra cui la Montessori.


E' importante affermare che nonostante questa fiducia, non tutti i problemi furono risolti: a causa delle guerre, per esempio, morirono molti bambini. Ad ogni modo, non si può ignorare il fatto che vi fu una sempre maggiore attenzione nei confronti della pediatria e della psicologia infantile. A tal proposito, si moltiplicarono le strutture scolastiche, che divennero luoghi appositi e non improvvisati, forniti di materiale adeguato; si vide inoltre formarsi il primo abbozzo disistima scolastico aperto anche ai ceti popolari. Emersero anche nuove figure  professionali che si occupassero dei ragazzi: medici, neuropsichiatri, psicologi, educatori.

La base di questa svolta fu il nuovo modo di intere l'infanzia, che divenne un momento da valorizzare e in cui far crescere le potenzialità infantili; per educare bisognava fare leva sulla qualità naturali del ragazzo. Solo così facendo, si sarebbe potuta raggiungere un'età adulta buona. Un altro cambiamento importante avvenuto in questo secolo fu l'integrazione delle scienze, come la biologia, nell'educazione, dando vita alle così dette scienze dell'educazione. Il movimento che portò con se l'innovazione, prese il nome di scuola nuova, e in Italia attivismo. 

Questi cambiamenti si tradissero in un maggiore interesse per i fatti empirici dell'educazione, creando delle pratiche didattiche funzionali allo sviluppo mentale dei bambini. attraverso lo studio in laboratorio delle manifestazioni sensoriali e intellettive, anche con situazioni di disabilità, gli studiosi ebbero una più precisa idea di quali fossero i processi dello sviluppo psichico infantile.





Nel 1879, 
Wilhelm Wundt, fondò a Lipsia il primo laboratorio di psicologia sperimentale, per poi essere seguito da altri paesi. Nacquero in questi luoghi i primi test di intelligenza, grazie a
Binet. Lo scopo di queso strumento era identificare alunni che avessero particolare bisogno di aiuto in determinate materie. Grazie alla collaborazione con Simon, vennero apportati alcuni perfezionamenti al test, fino a raggiungere, grazie allo psicologo tedesco Stern, il test del QI: il calcolo del rapporto tra età mentale ed età cronologica.

Questi studi portarono a definire le differenze tra l'intelligenza adulta e l'intelligenza infantile, che ebbero utili conseguenze sul modo di intendere l'infanzia. Secondo Binet, gli elementi conoscitivi erano gli stessi in entrambe le fasi, e le differenze erano unicamente in ambito quantitativo e qualitativo: nel bambino prevaleva la comprensione di tipo sensoriale, mentre nell'adulto quella di tipo astratto.

L'EDUCAZIONE DEI SOGGETTI DISABILI

Durante questo periodo fu Claperede ad orientarsi particolarmente verso l'educazione dei soggetti disabili, considerati inadatti alla scolarizzazione. Egli rivolse la sua attenzione agli insegnanti, sostenendo che avessero loro per primi, la necessità di apprendere nuove modalità didattiche, idonee a favorire la crescita intellettuale di queste persone. 

INIZIATIVE PER I GIOVANI 

 Anche il mondo giovanile, subì, in questo periodo, delle profonde innovazioni, legate alla vita cittadina e alla sfera culturale. Nacque un nuovo modo di intendere la giovinezza: come un momento di ribellione e di esaltazione all'incoscienza. Nonostante questo si intrapresero degli studi atti a superare queste convinzioni, come ad esempio quelli di Stanley Hall: secondo i suoi studi, l'adolescenza era caratterizzata da sentimenti contrastanti e diversi turbamenti dovuta alla necessità di entrare nella vita adulta. Per sostenerli nella loro transizione era necessario che i giovani acquisissero un carattere forte, promuovendo i loro ideali come degni di interesse: solo in questo modo si sarebbe riusciti a superare il loro individualismo. 

Queste nuove concezioni si tradissero in delle nuove iniziative educative: la prima fu intrapresa in Germania, con i Wnadervögel. Questi giovani erano animati da uno spirito antiborghese, che si esprimeva nella vita a contatto con la natura, nel disprezzo del mito del denaro e della felicità materiale, del successo, della vita comoda, oltre che dei valori della liberaldenocrazia. Gli studiosi Wyneken e Geheeb, si interessarono allo studio di questo fenomeno, dando vita ad alcune comunità educative, in cui i loro valori spirituali potessero essere sviluppati. 

Diverso fu invece il movimento scoutistico, che nacque in Gran Bretagna nel primo decennio del '900, per volontà di Powell. Esso aveva come scopo la valorizzazione del tempo libero some tempo utile per l'educazione; qui l'esplorazione e la scoperta, si intrecciavano con il contatto con la natura e l'educazione allo stare in gruppo. 

In questo periodo si svilupparono anche gli sport, in quanto l'adolescenza venne concepita come età particolarmente adatte a forgiare sia il corpo che il carattere. Si crearono così delle società sportive.

IL MONDO DELLA SCUOLA 

Il mondo della scuola non restò indifferente di fronte alle innovazioni nella concezione pedegogi




ca dell'infanzia: infatti si aprì un dibattito riguardo a come sarebbe stato meglio adattare la scuola alle nuove esigenze dettate dalla modernità. Si propose una maggiore attenzione alle lingue moderne rispetto a quelle classiche, approfondimenti scientifici e del lavoro manuale, la diffusione di pratiche sportive e di stili di vita il più democratici possibile.

Fu nei collegi convitti che per la prima volta si manifestarono le innovazioni in materia pedagogica: ne sono un esempio e scuole nuove, fondate in Francia e Germania. I primi esempi furono però Abbotshole e Bedales, in Inghilterra, seguite poi dalla Casa di educazione di campagna in Germania. La prima innovazione fu l'introduzione di una disciplina frutto di una gestione democratica: come nel caso di Abbosthole, funzionavano come degli stati in miniatura. La formazione del carattere era perciò costituita dalla capacità di adeguarsi alle regole di convivenza. Ricorrente in questi contesti, fu inoltre, l'attenzione al rapporto con la natura.

Anche il ruolo dell'insegnate si dovette innovare: per esempio nelle Ecole des Roches Demolis, l'insegnante era visto come un uomo completo che altre alle materie scientifiche e classiche, doveva insegnare la morale. 

Le esperienze descritte rimasero per molto tempo, solo un fenomeno di élite: la scuola secondaria di inizio Novecento, rimase infatti ancora legata agli impianti e ai programmi tradizionali. Non bisogna dimenticare inoltre, che a causa della povertà era frequente il fenomeno del lavoro precoce.



POSITIVISMO E LOTTA CONTRO L'IGNORANZA

 In Italia, la cultura positivista giunse con un certo ritardo; a rallentare questo fenomeno contribuirono la mancanza dello sviluppo industriale e la diffusione dogmatica dell'ideologia, con la riduzione dell'uomo ad un puro e semplice fenomeno della natura. Infatti, il positivismo conseguì meriti in seguito alla modernizzazione dello Stato unitario, il quale portò ad un aggiornamento della cultura e all'ampiamente dei campi del sapere. Nell'ultima parte del XIX secolo si verificò un notevole sviluppo delle scienze scoiali e degli studi politici come l'economia. Le teorie dell'evoluzionismo diedero nuovo impulso a discipline come antropologia e criminologia, in particolare grazie a Cesare Lombroso. I risultati degli studi scientifici vennero utilizzati per combattere i pregiudizi ed ignoranza, e per migliorare le condizioni vita: l'obbiettivo era quello di creare una felicità generale, come aveva teorizzato John Stuart Mill e la scuola utilitaristica. 

IL POSITIVISMO ITALIANO

Grande attenzione fu riservata all'educazione, alla quale venne affidata la costruzione di quella società moderna che avrebbe dovuto essere basata su principi diversi dalle prevalenti tendenze spiritualistiche. Con Carlo Cattaneo erano emerse alcune rivalorizzazioni dell'illuminismo. Ma furono i positivisti a gettare le basi della svolta sperimentale della pedagogia. 

                                                                                                    
In particolare il positivismo italiano contributi ad evidenziare fattori molto rilevanti per la pedagogia globale. Uno di questi è il grande senso critico delle analisi; l'altra è la diffusione di una mentalità self helpista, quindi intraprendente, attiva e disposta a confrontarsi con le novità. In questo senso, la scienza viene assunta come metodo conoscitivo basato sull'osservazione critica e sul controllo delle procedure. Pertanto , la sua maggiore caratteristica è l'antdogmatismo. Come suggerì Aristide Gabelli, il ruolo della scuola era proprio produrre individui slegati da dottrine superate e pronti a potenziare le loro capacità individuali.

Pasquale Villari, lo scopo della scuola era quello di abituare gli individui a pensare autonomamente, a fondare le loro credenze non su esperienze di altri ma sulle proprie, formare persone pronte al cambiamento, attraverso il metodo scientifico. Così facendo, egli auspicava, si sarebbero potuti risolvere i problemi legati alla povertà; se questo venisse fatto allosra il risorgimento italiano si sarebbe potuto compiere pienamente. 

Nonostante questa spinta alla scienza non vennero screditati i licei classici, visti come eccellente base per una formazione tecnica furtura, poiché dediti all'insiegnamento del lavoro ben fatto.

IL SELF HELPISMO

Nel 1865 comparve Italia il libro del giornalista e scrittore scozzese Samuel Smiles, il quale affermava che il raggiungimento di uno status sociale elevato doveva passare necessariamente per un cambiamento di mentalità in positivo. Per raggiungere questo obbiettivo è necessario il self-helpismo, poiché in grado affermare le qualità di ognuno e di vincere gli ostacoli; o meglio, di volgere gli ostali a proprio vantaggio. A proposito di questo argomento, Michele Lessona pubblicò un libro contenente le biografie di persone, che sono state capaci di fare questo, in modo da ispira altre persone ad emularle. Altri autori pubblicarono opere simili, concentrandosi particolarmente sulla questione dei ceti più poveri, affermando che il riscatto sociale è possibile. 

LA NASCITA DELLA PSICOLOGIA SPECIALE

 Verso la metà del XIX secolo si manifestò anche un notevole interesse verso i soggetti con deficit psichici. Dopo il primo attento di Itard, si moltiplicarono ricerche mediche con annesse approfondite pratiche pedagogiche. Generalmente si fa coincidere la nascita della psicologia speciale con l'opera di Itard, anche se effettivamente venne messa in atto con le pratiche intraprese a favore dei sordi e dei ciechi, i primi portatori di handicap considerati "educabili".

GLI ISTITUTI PER SORDI E CIECHI

Nel campo dei sordomuti fondamentali furono le esperienze dell'abate Charles-Mchel de l'Epee, fondatore nel 1771dell'istituto per sordomuti di Parigi, e dell'insegnate laico Samuel Heinicke che istituì una scuola pubblica a Lipsia. Anche in Italia vennero aperti istituti simili, da parte di Tommaso Pendola e Ottavio Assarotti, i fratelli Giuseppe e Cesare Gualandi, Giulio Tarra e Pasquale Fornari.


Anche per i ciechi i primi tentativi vennero attuati in età illuminista. Studiosi come Valentin Haüy, Johann Wilhelm Klein e Louis Braille; in particolare il metodo di quest'ultimo, basato sulla creazione di punti in rilievo percettibili al rato, divenne molto celebre, dino ad essere proclamo metodo universale per la lettura e la scrittura dei ciechi, al Primo congresso internazionale per l'educazione nel 1878. 

Anche in Italia vennero fondate scuole per soggetti ciechi, in particolare a Padova e Milano.

L'EDUCAZIONE DEI SOGGETTI PORTATORI DI HANDICAP PSICHICI

Fu più tardo lo sviluppo di istituti per soggetti portatori di handicap psichici. Una figura fondamentale a proposito fu Edouard Seguin, allievo di Itard. Nel 1847, dopo aver lavorato per anni nei raparti ospedalieri in cui queste persone erano ricoverate, aprì una prima scuola speciale, in cui educò una trentina di bambini giudicati irrecuperabili. Egli costruì degli strumenti e estese delle linee guida mirato all'educazione di questi soggetti, che vennero poi prese come esempio da pedagogisti successi.

Seguin afferma che per quanto "les idots" non potano mai primeggiare in ambito sociale, sta nell'operativo educativo degli insegnanti il dovere di dare a tutti un'educazione adeguata. La loro condizione, afferma, è peggiorata da quello che si potrebbe fare ma non si fa.



In Italia la questione dei soggetti con handicap psichici fu presa in esame sopratutto dai medici e dagli psichiatri, che diedero loro l'appellativo di frenastenici. Fu però scarsa l'attenzione dei pedagogisti, a causa della loro mancata formazione scientifica e del loro impiego nella lotta contro l'analfabetismo. I medici che tentarono di attribuirsi la questione furono Sante De Sanctis e Giuseppe Sergi, ma per ottenere qualcosa di memorabile servì l'avvento di Maria Montessori. 



LA PEDAGOGIA SPERIMENTALE

 Grazie all'intervento di questi studiosi, la pedagogia iniziò ad assumere una sempre maggiore posizione di rilievo in quanto vero e proprio metodo sperimentale di studio. Per l'affermazione della pedagogia come scienza, fu fondamentale l'intervento del laboratorio di psicologia sperimentale di Wilhelm Wundt, a Lipsia. Gli studi qui condotti furono decisivi per la creazione della psicologia scientifica e ambirono a dimostrare sperimentalmente il funzionamento di alcuni aspetti della psiche umana; queste problematiche erano connesse anche agli aspetti educativi, poiché fu subito evidente che l'educazione poteva avere delle ripercussioni psicologiche. In tal senso, l'educazione sarebbe stata tanto più efficace quanto più adattevole alle necessità psicologiche individuali. La pedagogia iniziò a necessitare di conoscenze psicologiche specifiche, al fine di migliorare i propri metodi di educazione. Per ovviare a questa necessità fu necessario l'avvento di Alferd Binet e Theodore Simon.


 Emilè Durkheim è considerato uno dei maggiori studiosi della storia, in quanto fondatore della scienza sociale moderna. In particolare si concentrò su modi di agire e di pensare collettivi, i loro rapporti con la genesi e il funzionamento delle istituzioni, applicando le leggi dell'evoluzione all'analisi sociale. Secondo la sua filosofia, l'educazione era il frutto dell'ambiente sociale in cui un individuo vive; questa varia a seconda delle condizioni storiche classiche e delle classi sociali a cui poggia: esiste un'assoluta dipendenza tra il sistema formativo e la struttura sociale. L'educazione non è perciò infatti naturale, ma sociale. 

Per capire meglio questa posizione, è necessario ricordare che secondo Durkheim l'uomo è costituito da dude esseri: quello individuale, cioè un insieme di bisogni e desideri, e quello sociale, ovvero un sistema di idee, sentimenti ed abitudini che rispecchiano quelle del gruppo di cui facciamo parte. L'educazione è dunque quell'azione sociale e personale al tempo stesso che innalza l'individuo al di sopra di se stesso, conformandolo all'ideale della coscienza collettiva. 

Durkheim riserva molta attenzione al principio dell'ordine sociale, dal momento che senza ordine sociale nulla può sopravvivere: è un imperativo etico. Quindi l'educazione ha come primo scopo l'apprendimento di queste norme. Infatti, la scuola costituisce la struttura sociale più importante, insieme alla famiglia, poiché educa all'ethos collettivo. E' infatti espressione dei bisogni sociali e della morale collettiva e rappresenta il luogo collettivo per la formazione individuale. Essa infatti costituisce l'attuazione di due principi fondamentali nell'analisi sociologica di Durkheim: la riproduzione e l'integrazione. La scuola riproduce, infatti, il sistema di idee esterno e garantisce l'integrazione delle giovani generazioni nella società futura. 

Una critica che venne posta allo tudioso riguarda la possibile creazione, più che di individui disciplinari, di indeividui amansuatvi, che obbediscono alle regole sociali.

L'EDUCAZIONE DI HERBERT SPENCER

Herbert Spencer ottenne molto riscontro, perché elaborò una teoria filosofica di impianto evoluzionista, in cui propose una rivalutazione del sapere umano, compreso quello pedagogico. Egli elaborò la tesi dell'evoluzione come legge universale, applicabile ad ogi campo sella realtà, quindi anche alla società umana, ala linguaggio, all'arte, ecc. Nel 1861 Spencer presentò la sua pedagogia evoluzionistica nella prima edizione del saggio Educazione intellettuale, morale e fisica. 



In particolare, secondo la sua tesi, la legge dell'evoluzione poggia su tre caratteristiche specifiche: il passaggio da una forma meno coerente a una più coerente; il passaggio dall'omogeneo all'eterogeneo; dall'indefinito al definito. Il cammino evolutivo sarebbe dunque sostenuto da un moto propulsivo e da una forza di conservazione e riutilizzazione delle esperienze. L'intelligenza umana altro non sarebbe che un dato ereditario consolidato durante l'evoluzione mediante un progressivo accumulo di esperienze. 

Egli ritiene che l'educazione dell'uomo dovesse svolgersi tenendo conto prima di tutto della sua condizione di essere naturale; il fine dell'educazione è perciò strettamente legato alla concezione dell'uomo naturale, che si esprime tramite alcune attività che hanno carattere prioritario per la conservazione della specie; solo in ultima posizione Spencer poneva le attività che mirano alla soddisfazione personale. 

Di conseguenza lo studioso diede grande importanza alla formazione fisica dell'individuo, seguita dalla padronanza dell'intelletto tramite il metodo scientifico. Infine veniva l'educazione morale, che si concretizzava con l'adeguamento alle regole naturali, ovvero alle consuetudini sociali. In tal senso, la pedagogia di Spencer risultava essere perfettamente online con i principi della società borghese.

LA PEDAGOGIA DELL'ETA' DEL PROGRESSO

Intorno alla metà del XIX secolo lo scenario pedagogico si avvicinò molto alla moderna corrente di pensiero del positivismo. Quest'ultima venne fondata da August Comte nella sua opera Corso di filosofia positiva (1830-1842), in cui ricostituisce la storia sulla base della nozione di progresso, arrivando a concludere che la scienza e il metodo sperimentale sono le vie più adatte per raggiungere un sapere corretto. 

Il secondo principio della modernità scientifica venne invece introdotto da Charles Darwin, il quale elaborò la teoria evolutiva, mettendo in discussione i dogmi religiosi. L'uomo non è più dunque un domatore della natura, ma il risultato delle sue combinazioni casuali. 

Ovviamente, il verbo scientifico influenzò anche la pedagogia: il processo educativo fu concepito come un campo di applicazione dele forze evolutive messe a punto sul piano biologico, sociologico ed etico. L'educazione era dunque un fatto naturale da esplorare con i metodi biologici, psicologici, psicologici e sociologici: per questo si inizia a parlare di scienze dell'educazione.

A questa nuova sincera venne affidato il compito di ordinare lo sviluppo della società: non solo il suo compito era trasmettere il sapere, ma anche perpetrare valori socialmente utili, quali la laboriosità, la disciplina, il patriottismo, il rispetto delle gerarchie e l'igiene. 


I LATI NEGATIVI DELLA GLOBALIZZAZIONE E I NO GLOBAL
 Molti studiosi che si sono occupati di studiare la globalizzazione ne hanno evidenziato gli aspetti critici. Infatti, sopratutto a proposito della globalizzazione economica, è stato osservato che il prezzo da pagare per la globalizzazione delle merci è il non altrettanto globalizzarsi dei diritti: anzi spesso vi è un annichilamento di questi.

Inoltre la grande diramazione e diffusione di modelli culturali standardizzati, a fronte della necessità umana di identificarsi ha portato ad un grande senso di insicurezza. Sono per questo nati movimenti subculturali, che cercano su contrastare la globalizzazione, favorendo la loro cultura locale. 

Esistono anche dei movimenti (hanno diversa forma e natura) che si oppongono in modo diretto e conciso alla globalizzazione: i no global. I no global sono dell'idea che questa globalizzazione non sia affatto globale, ma che benefici sono un settore della società. Infatti, se questo processo non viene moderato, il mondo intero finirà per seguire un'ideologia neoliberista, che arricchirebbe unicamente le multinazionali e i governi occidentali. Si propone dunque un rinvigorimento delle piccole realtà economiche e culturali. Pur essendo un movimento con sedi frammentari, i no global sono riusciti a compiere azioni concrete ed efficaci, come da esempio il G8 di Genova; sono anche riusciti a portare ai governi problematiche quali le differente tra il mondo povero e il mondo ricco e la necessità di creare scenari mondiali più equi.

LE VARIE FORME DI GLOBALIZZAZIONE

LA GLOBALIZZAZIONE DELLE INFORMAZIONI

 La globalizzazione è un fenomeno che coinvolge anche il mondo dell'informazione: grazie all'avvento dei mezzi di comunicazione teconologici, oggi è possibile fare esperienza diretta di tutto ciò che accade in paesi anche lontani. Oltre alle informazioni, nello stesso modo si trasmettono anche contenuti simbolici che vanno a premere sulla nostra concezione del mondo e dei rapporti sociali, come mode o stili di vita.


LA GLOBALIZZAZIONE DELL'ECONOMIA

Al giorno d'oggi nessuna economia statale può considerarsi autonoma, sopratutto sotto l'aspetto commericale: non è detto che un prodotto comprato in Italia, si anche prodotto in Italia; questo fenomeno prende il nome di globalizzazione del lavoro. Molto spesso può risultare però dannosa, perché può sfocare in sfruttamento di manodopera di Paesi in cui questa casta meno.

Sono aumentati anche gli scambi e i flussi finanziari, perché legati al denaro elettronico e alla presenza delle multinazionali.



LA GLOBALIZZAZIONE POLITICA

La globalizzazione politica si manifesta particolarmente sotto forma di perdita di potere dello Stato nazionale. Un aspetto caratteristico di questo processo, è la tendenza alla scelta di relazioni internazionali, sia per quanto concerne situazioni locali che internazionali. Ciò implica che nessuna questione sia di competenza di una sola nazione: ciascuno Stato si sente sempre più coinvolto in quanto succede nel mondo.


LA GLOBALIZZAZIONE ECOLOGICA

Siccome è interesse di tutti che l'ambiente non venga danneggiato, è stato necessario attuare degli interventi si sensibilizzazione per la tutela dei luoghi a rischio; questo è stato possibile grazie ai nuovi mezzi di comunicazione tecnologici. Sul piano politico, questo va ad intrecciarsi con la globalizzazione politica, in quanto le manovre politiche per la conservazione del pianeta, sono da prendere internazionalmente, più che nei singoli stati. Questo fenomeno si chiama globalizzazione ecologica.


LA GLOBALIZZAZIONE CULTURALE

La globalizzazione ha importanti manifestazioni anche a livello culutale. Inizialmente gli effetti della globalizzazione vennero interpretati come un tentativo di uniformazione e omogenisswsion4 r4ll4 diverse tradizioni, per creare un'unica cultura globale; ma con il passare del tempo, ci si è accorti che le realtà globali tendevano comunque a mantenere le loro tradizioni, pur conoscendone anche altre provenienti da diverse zone del mondo. Parallelamente però sono nate anche dele forme culturali ibride, ovvero dei valori  nati in un determinato stato, ma diventati poi internazionali: il costo di questo processo, è la completa perdita di significato del valore stesso


LA GLOBALIZZAZIONE E LE SUE CONSEGUENZE

Una delle caratteristiche principali della globalizzazione è la perdita di importanza della dimensione fisica, quando si intraprende un rapporto: le persone sono connesse tra oro in modo ampio ed incontrollato. Infatti, la globalizzazione viene definita come stato di connettività complessa. SI dice infatti che il mondo stia diventando uno spazio sociale comune



Non solo i rapporti ma anche le informazioni valicano i confini spaziali: al giorno d'oggi abbiamo più consapevolezza su quali siano le culture di altri stati. Difatti, grazie a questa grandissima accessibilità ogni contesto diventa esplorabile, sia geografico che culturale. 

Sembriamo avvicinarci alla costituzione di un'unica società umana globale, poiché qualsiasi cosa accada è capace di influenzare individui provenienti da ogni parte del globo. La società globale è anche detta tradizionale, poiché si afferma indipendentemente dalla volontà degli stati, e molto spesso anche contro di essa.

La globalizzazione ha però anche dei risvolti negativi: ad una maggiore esposizione alle popolazioni abitanti stati diversi, non sempre corrisponde un'accettazione di essi. In questo modo nascono infatti situazioni di xenofobia e razzismo, ed aumenta la disparità tra privilegiati e non privilegiati: non tutti hanno infatti al disponibilità economica per inserirsi in questo sistema.

VERSO LA PEDAGOGIA SCIENTIFICA 

Un altro cambiamento importante avvenuto in questo secolo fu l'integrazione delle scienze, come la biologia, nell'educazione, dando vita alle così dette scienze dell'educazione. Il movimento che portò con se l'innovazione, prese il nome di scuola nuova, e in Italia attivismo. 

Questi cambiamenti si tradissero in un maggiore interesse per i fatti empirici dell'educazione, creando delle pratiche didattiche funzionali allo sviluppo mentale dei bambini. attraverso lo studio in laboratorio delle manifestazioni sensoriali e intellettive, anche con situazioni di disabilità, gli studiosi ebbero una più precisa idea di quali fossero i processi dello sviluppo psichico infantile.


Questi studi portarono a definire le differenze tra l'intelligenza adulta e l'intelligenza infantile, che ebbero utili conseguenze sul modo di intendere l'infanzia.


Secondo Binet, gli elementi conoscitivi erano gli stessi in entrambe le fasi, e le differenze erano unicamente in ambito quantitativo e qualitativo: nel bambino prevaleva la comprensione di tipo sensoriale, mentre nell'adulto quella di tipo astratto.Nel 1879, Wilhelm Wundt, fondò a Lipsia il primo laboratorio di psicologia sperimentale, per poi essere seguito da altri paesi. Nacquero in questi luoghi i primi test di intelligenza, grazie a Binet. Lo scopo di queso strumento era identificare alunni che avessero particolare bisogno di aiuto in determinate materie. Grazie alla collaborazione con Simon, vennero apportati alcuni perfezionamenti al test, fino a raggiungere, grazie allo psicologo tedesco Stern, il test del QI: il calcolo del rapporto tra età mentale ed età cronologica.

L'EDUCAZIONE DEI SOGGETTI DISABILI

Durante questo periodo fu Claperede ad orientarsi particolarmente verso l'educazione dei soggetti disabili, considerati inadatti alla scolarizzazione. Egli rivolse la sua attenzione agli insegnanti, sostenendo che avessero loro per primi, la necessità di apprendere nuove modalità didattiche, idonee a favorire la crescita intellettuale di queste persone. 

LA NUOVA CONCEZIONE DELLA PEDAGOGIA: IL XX SECOLO

Il XX secolo si aprì con una grande fiducia nei confronti dell'educazione, e con un interesse nel rendere quest'ultima più rispettosa nei confronti delle esigenze infantili. Nel 1902 uscì infatti il saggio della scrittrice svedese Ellen Key, chiamato Il secolo dei fanciulli, in cui si affermava che se l'infanzia fosse stata posta al centro della vita pubblica e privata, l'umanità sarebbe stata resa migliore. Il testo divenne un punto di riferimento per i maggiori pedagogisti del secolo, tra cui la Montessori.



E' importante affermare che nonostante questa fiducia, non tutti i problemi furono risolti: a causa delle guerre, per esempio, morirono molti bambini. Ad ogni modo, non si può ignorare il fatto che vi fu una sempre maggiore attenzione nei confronti della pediatria e della psicologia infantile. A tal proposito, si moltiplicarono le strutture scolastiche, che divennero luoghi appositi e non improvvisati, forniti di materiale adeguato; si vide inoltre formarsi il primo abbozzo disistima scolastico aperto anche ai ceti popolari. Emersero anche nuove figure  professionali che si occupassero dei ragazzi: medici, neuropsichiatri, psicologi, educatori.

La base di questa svolta fu il nuovo modo di intere l'infanzia, che divenne un momento da valorizzare e in cui far crescere le potenzialità infantili; per educare bisognava fare leva sulla qualità naturali del ragazzo. Solo così facendo, si sarebbe potuta raggiungere un'età adulta buona. 


LA PEDAGOGIA DI MARIA MONTESSORI

 Maria Montessori (1870-1952) fu una delle pedagogiste più influente della modernità. Ella fondò diverse scuole, come La Casa dei bambini, di cui raccontò nei suoi vari saggi. In questi luoghi venne creato un ambiente a misura del bambino e l'insegnate non aveva un compito direttivo, ma di consiglio. Anche il materiale didattico era particolare: gli oggetti servivano per sviluppare le capacità logiche e creative individuali; parallelamente alla scoperta singola dei vari materiali, venivano proposte attività individuali. 


Tra gli anni Venti e Quaranta, la Montessori andò a rielaborare alcune parti della sua opera per incrementarle con le nuove scoperte psicoanalitiche: condivideva con Freud l'ipotesi dell'importanza del subconsci. Ella, nel suo saggio La mente del bambino. Mente assorbente, definisce la mente del bambino come in continua evoluzione e capace di assorbire nozioni anche a livello inconscio, attraverso l'esperienza diretta. La Montessori utilizza la parola nobile per definire le sensibilità specifiche che insorgono nel bambino nel corso del suo sviluppo. Infatti, la principale novità introdotta da lei fu l'importanza data alle esperienze reali: il bambino va posto nelle condizioni di imparare autonomamente, attraverso la sua spontanea curiosità. La cosiddetta liberazione dell'infanzia consiste in un progetto basato sul rispetto delle personalità del bambino e sulla predisposizione di condizioni adatte al suo sviluppo. L'ambiente in cui il bambino impara ha dunque una funzione cardinale: se esso è pero di stimoli potrebbe distruggere le facoltà di una persona. 

Anche i maestri devono essere educati, in modo tale che quest'opera sia possibile. Montessori parla della necessità di formare maestri scienziati, ovvero che sappia osservare. 



LA PEDAGOGIA DI CLAPAREDE

Accanto all'opera di Dewey, assunse un ruolo molto importante l'Institut Jean-Jacques Rousseau, fondato a Ginevra, da Claparede. Era un centro di ricerca, che svolse un importante ruolo di innovazione a livello dell'organizzazione pedagogica.


Già nei suoi saggi pedagogici (Psicologia del fanciullo e pedagogia sperimentale), il pedagogista esprime la sua teoria, secondo la quale per garantire una buona educazione era necessario che gli insegnati fossero ben preparati, e che si avvalessero di uno spirito scientifico.  Lo studioso invita perciò i maestri a studiare gli allievi e l'ambiente nel quale vivono per essere in grado di individuare le potenzialità intellettive di ognuno. 

Questi principi furono tradotti in un modello scolastico, descritto nel saggio pedagogico La scuola su misura. Il caposaldo di questo modello è la scuola individualizzata, ovvero adattata alle capacità personali dei fanciulli, proponendo classi mobili, classi parallele, sezioni parallele, discipline opzionali, impiego di materiali autocorrettivi. L'alunno deve essere messo al centro dei programmi pedagogici: il suo interesse deve essere usato come leva per la sua attività di sviluppo. 

Claperede è infatti considerato infatti il creatore della pedagogia funzionale, poiché consente al fanciullo di adattarsi all'ambiente in cui vive. Egli prende molto esempio dalle teorie dell'evoluzionismo, secondo le quali l'essere umano è per sua natura curioso, e tende per questo a scoprire strumenti per affermarsi nella società: questo avviene attraverso l'atto intelligente. 

LE LEGGI FONDAMENTALI

A proposito dei dinamismi che regolano l'educazione, Cleperede individua tre leggi: la legge del bisogno, secondo la quale l'attività mentale è sempre genera da un bisogno; la legge dell'interesse momentaneo, secondo cui in ogni momento un organismo agisce seguendo la direzione dl suo interesse; la legge del tatonnement, secondo la quale l'individuo cerca di dare un senso alle situazioni che risultano confuse. L'educazione deve seguire questi passaggi.

La pedagogia funzionale considera l'essere umano nella sua totalità biopsichica, e fa dunque leva sul fatto che la scuola deve essere interessante e sviluppare le varie intelligenze individuali. Nella sua pedagogia egli pone molta attenzione al gioco infantile, visto come un esercizio di apprendimento spontaneo; inoltre, secondo la sua teoria gli insegnati devono interagire direttamente con gli alunni.


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