sabato 22 maggio 2021

PEDAGOGIA



Friedrich Fröbel, nato il 21 aprile 1782 in Germania, è stato un pedagogo tedesco, colui che ha teorizzato il concetto di “kindergarten” o “scuola materna”. 

FROBEL E I GIARDINI D'INFANZIA

 Secondo Fröbel, lo scopo dell'educazione, come afferma nella sua opera L'educazione dell'uomo, è la conoscenza della natura nel suo aspetto che coincide con l'essere umano e accompagnare l'autorganizzazione personale: l'intera natura sarebbe guidata da un'anima, ovvero una forma di intelligenza immanente, che regola sia la forma, che l'evoluzione delle cose. Per questo egli rifiuta la teoria della tabula rasa, e tramite una metafora naturalistica rousseuniana, afferma che l'apprendimento è fattibile se vengono seguite le esigenze individuali e naturali del fanciullo. Sono queste le premesse sulle quali egli basa la sua proposta di educazione infantile nei termini di un giardino: egli fona a questo proposito i Kindergarten, come alternativa all'educazione prescolare tradizionale. Fin da subito si configura come un modo per rompere con un modello di scuole di massa a struttura chiusa che non contemplava il contatto diretto dei bambini con il loro ambiente naturale.Inoltre, Fröbel ripensa anche la struttura della famiglia e le pratiche genitoriali, che secondo lui dovrebbero essere rafforzate da un’istituzione pubblica e professionale che agisce di pari passo. Fröbel era discepolo di Pestalozzi, che delegava molte responsabilità dell’educazione dei bambini alle madri.  Tuttavia, Fröbel, pur prendendo spunto da questa idea iniziale, difende anche un’educazione che prosegue con questo lavoro al di fuori dell’ambiente familiare. Per Fröbel dovrebbe esistere, oltre alla funzione educativa assegnata alle donne, come sosteneva Pestalozzi, anche un’istituzione pubblica responsabile della formazione dei bambini in età prescolare. Pertanto, il kindergarten rappresentava un compromesso tra l’educazione dei bambini in casa e quella sviluppata in un’istituzione creata con questo scopo. Secondo questa teoria, limitando le sue lezioni a tre o quattro ore al giorno, la scuola materna avrebbe avuto il compito di completare l’educazione del bambino e non di soppiantare la famiglia.


Nella sua filosofia, il bambino non è più solo una creatura da proteggere, ma detentore di diritto al gioco e di apprendimento. A proposito, rifacendosi alla filosofia naturale di Schiller, Fröbel concepisce il gioco come attività capace di far crescere il bambino secondo il suo ritmo e di cogliere in maniera intuitiva l'essenza della realtà e i processi del divenire naturale. Nonostante molti pedagogisti considerassero il gioco come distrazione e ricreazione, per Fröbel è invece il centro dell'educazione infantile: strumento per favorire l'espressione in maniera creativa e in stretto contatto con il linguaggio.Su questa base si sviluppa l'idea dei doni, cioè di giocattoli dotati di potere simbolico, capaci di far intuire al bambino le leggi del mondo. Al progredire del gioco, i doni hanno proprietà sempre più difficili da intuire. I primi sei che vengono introdotti al bambino hanno la funzione di insegnare le proprietà generali dei corpi, in particolar modo delle forme geometriche: il primo è la palla ed è, secondo Fröbel, il punto di partenza di tutte le altre forme. Il secondo dono è composto da una sfera, un cilindro ed un cubo. Fröbel volle che questi oggetti fossero accompagnati da alcuni versi cantati, non solo per far si che il bambino imparasse il linguaggio o sviluppasse l'udito, ma perché riuscisse a sviluppare idee chiare e distinte tra cui l'idea del calcolo.

 Il terzo dono, un cubo diviso in otto parti, dovrebbe far risvegliare nel bambino il senso dell'intero e della divisibilità dei corpi. Il quarto è un cubo diviso in otto mattoni mediante tre divisioni orizzontali e una verticale. Il quinto è invece, un cubo diviso obliquamente in ventisette cubi. In questo modo sarà facilitato l'insegnamento del calcolo. Infine, l'ultimo dono consiste in un cubo diviso in ventisette mattoni. Esso si ricollega al quarto dono ed è la progressione del quinto.Secondo Fröbel, grazie a tutti questi doni, il bambino dovrebbe acquisire l'idea dei solidi e le loro dimensioni (altezza, larghezza, lunghezza), esistono poi doni complementari che fanno procedere lo sviluppo intellettuale del bambino verso l'astratto.La pedagogia di Fröbel tardò ad avere successo, poiché le sue idee sembravano troppo innovative per la realtà del tempo. Infatti, il primo asilo aprì nel 1937. Da questo momento in poi, le sue idee pedagogiche vennero  sviluppate e messe in pratica nei modelli istituzionali come la scuola materna e successivamente si sono estesi in tutta Europa e in tutto il mondo, arrivando fino ai giorni nostri. Questo fu possibile grazie ad un'appassionata sostenitrice di questo modello, Bertha von Marenholz-Bülow


                             LA CURA DELL'INFANZIA E LA ''PEDAGOGIA POVERA''



 

A partire dal 19esimo secolo si andò ad affermare un nuovo interesse nei confronti dell'infanzia, differente dal precedente e più forte, legato a motivi romantici: la scoperta di un'età capace di vedere il mondo attraverso gli occhi dell'ingenuità e del sentimento, da crescere e correggere attraverso l'affettività.Un altro fattore di rilievo fu la crescente attenzione nei confronti della medicina, della crescita fisica e delle condizioni igieniche, sia da parte delle famiglie borghesi che di quelle più popolari. Questa maggiore attenzione divenne un fattore di prima necessità della società dopo il 1815: infatti, dopo lunghe guerre si conobbe finalmente un periodo di pace e benessere, che comportò un aumento della percentuale di nuovi nati. Nonostante questo, le condizioni di vita sia nelle campagna che nelle città, rimanevano deprecabili. Si andarono ad instaurare fenomeni come il vagabondaggio e l'accattonaggio da parte dei bambini, i quali cercavano denari per le famiglie. Inoltre, nei paesi in cui si sviluppò la prima industria, sempre più madri vennero impiegate nel lavoro extra casalingo, lasciando soli i figli e molto spesso abbandonandoli. Le condizioni di lavoro erano inoltre promiscue e molto spesso venivano portate a casa diverse malaria.Per questi motivi, comparvero in Europa molte iniziative educative e di assistenza, in favore di bambini e ragazzi. In particolare, si moltiplicarono le scuole infantili, grazie alla nuova considerazione dell'infanzia come età da proteggere. 


                                            ARISTIDE GABELLI E LA LEZIONE DI COSE



Aristide Gabelli può essere agevolmente considerato il maggior pedagogista italiano del secondo Ottocento, si colloca all'interno del movimento del positivismo che rispecchia l'orientamento culturale che prese l'avvio proprio intorno alla metà dell'Ottocento. 
Esso si caratterizza, un'attenzione ai fatti comprovabili, e di conseguenza fa particolare affidamento sul metodo scientifico, dedicandosi allo studio e all'analisi unicamente dei fatti concreti, senza nessuna concessione alla fantasia o ai ragionamenti metafisici che abbiamo visto essere tanto cari ai pensatori degli anni precedenti.La visione di Gambelli è contestualizzabile all'interno del clima post unitario che stava vivendo l'Italia in quel periodo (1880 circa, dove il più grande problema era dato dall'avanzato livello dell'istituzioni politiche e civili che avevano permesso l'unificazione della penisola contrapposto però a una notevole arretratezza a livello di popolo. Per Gabelli lo scopo dell'educazione doveva essere il bene comune, e quindi assegna alla scuola il delicato ruolo di formare gli italianiLa sua proposta educativa, nel concreto, è comunque piuttosto moderata: si tratta di promuovere la libertà di pensiero attraverso l'impiego di una modalità di insegnamento basata sul metodo scientifico ed empirico.A livello metodologico, molto forte è la critica che il Gabelli avanza nei confronti delle strategie didattiche tradizionali, atte alla trasmissione di valori in modo dogmatico più che allo sviluppo del ragionamento logico: l'alunno deve essere in grado di pensare con la propria testa. Infatti, la fonte della sua riflessione riguarda se ci sia veramente un'utilità nella scuola elementare, considerando che le informazioni presso esse impartite vengono subito dimenticate. Giunge dunque alla conclusione che siano necessari maestri che impartiscano in modo consono le informazioni: con il metodo induttivo.Egli suggerisce dunque un investimento sul metodo scientifico, visto come formativo in quanto, partendo dall'esperienza diretta, esso porta allo sviluppo dello spirito di ricerca, della capacità di analisi, dello spirito critico. L'importanza della scuola è posta dunque dalle cose che vengono effettivamente insegnate a come vengono insegnate: non sono più solo i contenuti che vanno a incidere sulla formazione dello studente, ma anche il modo con cui gli vengono presentati.A differenza di Herbert, Gabelli pone maggiore attenzione alla psicologia dell'alunno piuttosto che alla portata dei contenuti scolastici: egli è attento alle dinamiche infantili e rende il fanciullo un protagonista attivo e consapevole del processo educativo.

IL MUTUO INSEGNAMENTO 

 Nello stesso periodo in cui ebbero diffusione le teorie di Herbert si ebbe la nascita di un'altra tipologia di medito, chiamato "mutuo insegnamento" atto a formare i ceti popolari. Coloro che lo fondarono furono gli inglesi Andrew Bell e Joseph Lancaster i quali ebbero la stessa idea: avvalersi degli studenti più colti per aiutare i principianti. Era un metodo rapido ed economico di istruire 

Nelle scuole mutue l'insegnamento era limitato alla lettura, alla scrittura e al calcolo, e per le bambine il cucito. Le lezioni avvenivano in grandi stanca in cui moltissimi alunni si raccoglievano attorno ai loro coetanei insegnanti; quest'ultimi erano gli unici ad imparare direttamente dai professori. 

Le classi erano fornite di grandi cartelloni con l'alfabeto e le operazioni aritmetiche semplici. I gruppi di allievi, secondo il livello di preparazione, passavano da un cartello all'altro. I principianti si esercitavano nella composizione delle lettere e di calcoli: soltanto quando erano più esperti cominciavano a scrivere sulla lavagna e poi sui quaderni.

Nel corso dell'Ottocento, questo tipo di scuola ottenne successo presso i progressisti liberali, che giudicavano questo metodo come buono per abbattere il diffuso problema dell'analfabetismo per migliorare le condizioni di vita popolari.



LA QUESTIONE DEL METODO:JOHANN FRIEDRICH HERBART





Johann Friedrich Herbart può essere considerato il primo pedagogista nel senso moderno dell'espressione. Egli dà infatti una risposta alla natura della pedagogia: secondo lui, essa è una disciplina che comprende da un lato la filosofia morale per l'individuazione di infine educativo, e dall'altro la psicologia per le modalità attraverso le quali avviene l'apprendimento. Possiamo cogliere in modo lampante l'esempio kantiano: l'educazione ha una finalità morale personale e di conseguimento delle virtù. Per quanto riguarda la psicologia egli considerava la conoscenza umana come un processo che regola il flusso continuo di rappresentazione che varcano la coscienza. Associandosi, differenziandosi, componendosi, tali rappresentazioni anno a formare il quadro generale  del nostro sapere.Ogni affetto, ogni desiderio, ogni volontà consistono in rappresentazioni che diventano mano a mano più elevate, fino a raggiungere le idee modello quali libertà, perfezione, benevolenza, diritto, equità. Se questo processo non è ordinato secondo regole precise e seguito da un adulto, la crescita intellettuale e morale produrrà una personalità adulta pronta ad assumere le proprie responsabilità. Il processo di apprendimento intellettuale consiste dunque nella promozione ben concatenata e graduale di rappresentazioni tese a trasferire nel soggetto conoscenza e plasmare la moralità: l'istruzione educativa.La pedagogia di Herbart si propone come scienza pratica, ovvero impegnata a definire sia i fini che i modi per conseguirli.                                                 Sul piano del metodo fa tesoro sia degli insegnamenti di Pestalozzi sia delle sue esperienze come insegnante, creando un impianto generale caratterizzato da governo, disciplina o cultura morale e una didattica specifica. Egli sosteneva infatti che il punto di partenza di una buona educazione fosse un ambiente bene organizzato, nel quale gli alunni sono continuamente assistiti.  Bisogna inoltre abbinare una specifica caratterizzazione personale. Questo è possibile grazie a due  modalità: l'impiego di premi e castighi e la costruzione di una disciplina interiore tramite l'apprendimento. E' inoltre necessario uno sforzo per creare la moralità mediante l'esercizio intellettuale. Impegno nell'apprendimento esercito la volontà e costituisce per formare il senso etico personale.L'impianto metodologico herbertiano prevede una serie di dettagliate prescrizione didattiche destinate agli insegnamenti, tra cui spiccano la necessità di chiarezza, associazione, ordine sistematico e metodo. Bisogna che l'educazione sia proporzionata all'età del bambino.



VERSO LA SOCIETA' ALFABETA 

 A partire dal XIX secolo andò a configurarsi quella società che noi chiamiamo moderno, ovvero che riconosce la necessità di essere alfabetizzata almeno a livello basilare e che vede nella generalizzazione della scuola il mezzo per rendere i bambini adulti all'altezza dei tempi, capaci di inserirsi nella vita sociale e produttiva in modo attivo.

La diffusione delle scuole era sostenuta sia dagli esponenti della modernità, ma anche da chi ne diffidava pensando che essa avrebbe annichilito la parte tradizionale e religiosa della vita: entrambi sostenevano l'essenzialità della scuola per l'attuazione di un processo di progresso, assolutamente necessario.

Il modello di vita borghese era considerato un esempio e andava esteso anche ai ceti sociali più poveri . A questo scopo furono attivate le tecniche di self-help secondo le quali ciascuno possiede le capacità per migliorare la propria condizione.




I NUOVI LIBRI DI TESTO

In seguito alla laicizzazione della scuola si dovette compiere un ulteriore passo: la laicizzazione dei libri di testo. 

Comparvero a tale scopo i libri pubblicati dagli illuministi come Basedow,  trasmettevano valori laici, senza escludere il rispetto di quelli religiosi: elogiavano la laboriosità, l'uomo della ragione e inducevano ad amare la scuola. Questi ammonimenti avevano lo scopo di mantenere l'ordine sociale.

Sul piano didattico questi libri proponevano l'insegnamento dell'alfabeto attraverso testi brevi; non mancavano i testi scientifici, nei quali si spiegava l'utilità pratica. In generale miravano a stimolare il ragionamento negli alunni, non la memorizzazione come facevano i testi religiosi.

Gli insegnamenti morali erano veicolati da esempi, in cui ad un'azione buona corrispondevano ricompense positive e viceversa; tutto in chiave laica ovviamente: non vi era alcun riferimento al peccato divino.

Il tema dell'utilità della scuola ritornava con insistenza: nelle comunità sopratutto campagnole era necessario stimolare le persone a voler intraprendere un percorso scolastico.


LA RIFORMA SCOLASTICA DI MARIA TERESA E GIUSEPPE II 

Tra gli anni sessanta e settanta del 1700 tutti gli istituti scolastici furono chiamati a riorganizzare i propri sistemi scolastici, al fine di sostituire ai gesuiti dei nuovi insegnanti. 

Particolarmente importante fu quello che accadde durante l'impero di Maria Teresa e suo figlio Giuseppe II i quali diedero vita a riforme che gettarono le basi del moderno sistema scolastico direttamente gestito dallo Stato. I sovrani erano infatti convinti che fosse loro dovere prendersi cura del popolo; inoltre l'estendere la scuola a tutto il popolo avrebbe fatto crescere il tasso di istruzione e l'autodisciplinamento, ma anche una fedeltà nei loro confronti.

Garantire l'istruzione al popolo lo avrebbe reso in grado di pensare, e di conseguenza anche di rivoltarsi; non concedergliela però avrebbe significato andare contro gli ideali illuministici stessi: i sovrani riuscirono a garantire questo equilibrio.

La loro riforma era quasi priva di punizioni: insegnare la ragionevolezza delle leggi era più utile che punire e basta.





LA RIFORMA SCOLASTICA TERESIO-GIUSEPPINA

Nel 1765 l'abate Von Felbiger stilò dei provvedimenti simili a quelli degli imperatori, ma applicandoli per i sudditi cattolici della Slesia, area prevalentemente protestante. Notò che molti cattolici mandavano i loro figli nella scuole luterane, in quanto in quelle cattoliche l'apprendimento non era altrettanto di qualità; tentò così di ampliare la scuola anche a questa fede, dandogli un'impronta prevalentemente cattolica. 


Nel 1774 fu chiamato da Maria Teresa a Vienna per introdurre alcuni miglioramenti necessari nel sistema scolastico austriaco, avviando il sistema scolastico detto "normale".  Tale metodo permette di organizzare una serie di norme didattiche molto dettagliate per l'apprendimento della lettura, della scrittura, del calcolo e del catechismo.

La sua riforma, che prevedeva di rendere la scuola primaria obbligatoria, fu resa possibile grazie all'esproprio dei beni della Compagnia. Così nello stesso anno la sovrana firmò l'ordinanza stesa da Felbiger che imponeva l'obbligo scolastico ai fanciulli di entrambi i sessi dai sei ai tredici anni e istituiva le scuole elementari minori, dalla durata di un anno, in cui venivano insegnate le abilità di base. Poi vi erano le scuole elementari maggiori, dalla durata di tre o quattro anni, e le scuole normali. In quest'ultime vi erano i corsi di formazione per maestri.

Nel 1778 fu nominato direttore principale del sistema scolastico austriaco, carica che mantenne fino a dopo la morte di Maria Teresa. Giuseppe II continuò il processo di riforma, rendendo le scuole elementari gratuite e favorendo la laicizzazione del corpo docente. La politica asburgica ebbe l'effetto di raddoppiare il numero delle scuole e migliorare la formazione dei maestri. Però, siccome alcune scuole erano situate in campagna ed altre in città, le quali potevano pagare meglio i maestri, nacque il concetto di status, legato al grado di istruzione che si richiedeva agli insegnanti: nelle campagne lo erano molto meno.

Molti giovani iniziarono a dedicarsi a questa professione, mentre i sacerdoti sempre meno, considerando che non riuscivano a convogliare il lavoro pressala chiesa con l'insegnamento. Possiamo affermare che al maestro religioso si sostituì quello laico.

Una novità fu l'introduzione delle maestre laiche: le ragazze poterono così accedere ad un lavoro rispettabile.

Questa necessità di formare maestri sempre più competenti in ambito pedagogico e didattico, spinse l'impero a fondare, nel 1805, la prima cattedra di pedagogia all'università di Vienna; il primo insegnante fu Vinzenz Eduard Milde, sensibile alle proposte dell'illuminismo, ma anche legato alla fede cristiana.

Nella Lombardia austriaca questa riforma ebbe grande successo; si diffuse poi nel resto della penisola in epoca napoleonica.

Il caso asburgico fu però isolato in Europa: raramente i governi si mostrarono propensi ad accogliere tali riforme.


L'ISTRUZIONE FEMMINILE

 Nel corso del 1600/1700 si registrò un periodo di trasformazione delle consuetudini, che regolano i rapporti tra le donne e gli uomini, che portò all'affermazione dell'importanza di un'alfabetizzazione quantomeno primaria delle donne.


 
Come accadeva ormai da secoli, le ragazze venivano educate in casa da parte delle madri, all'onorabilità (per garantire il mantenimento del buon nome della famiglia). Le ragazze più ricche potevano permettersi un precettore, ma prevaleva in ogni caso l'interiorizzazione dei comportamenti all'apprendimento di nozioni. solo le ragazze più ricche potevano ambire ad un'educazione superiore, ricevuta nei conventi o in congregazioni femminili. A differenza dei collegi maschili, le ragazze affiancavano alle nozioni di storia e geografia in lingua volgare, anche lezioni di lavori domestici e cucito (se particolarmente abbienti potevano aggiungere lezioni di danza, musica e disegno). Accadeva che anche le ragazze povere potessero accedere a questi collegi; a loro venivano impartiti però solo i concetti rudimentali dell'alfabeto. Le ragazze, a differenza dei maschi, potevano accedere in qualsiasi periodo dell'anno alle strutture.

Nel corso del 18esimo secolo sorsero nuove iniziative in ambito religioso, considerano la trascuratezza che si era verificata fino ad ora. Nacquero così dei gruppi atti alla formazione di suore.

Nel frattempo però iniziarono ad emergere le prime insegnanti laiche le quali rappresentavano una sempre crescente richiesta di scolarizzazione. 


UNA NUOVA SENSIBILITA'

Durante l'Ottocento, la concezione dell'infanzia non era affatto omogenea: vi era infatti, un'infanzia borghese, ed un'infanzia contadina; sopratutto questo punto risultò essere critico, perché spesso i bambini non andavano a scuola, ma a lavorare: Erano molto soggetti a malattie come il vaiolo, inoltre. I movimenti che denunciarono questa situazione furono quelli della poetessa inglese Elizabeth Barret Browning, e degli scrittoti come Victor Hugo e Charles Dickens, ma particolarmente i feuilleton, ovvero un giornale; inoltre ricordiamo le opere di Tolstoj, tradotte in esperimenti educativi dei ragazzi nelle campagne, e quelle di Itard e Seguin per i ragazzi con disabilità. 

Questi sono gli antefatti di una pedagogia puerocentrica. Anche in Italia, questa nuova sensibilità emerse dalle opere letterarie: grazie all'uscita, a puntate, sul "giornale per bambini" di Pinocchio, da parte di Carlo Collodi. In quest'opera viene per la prima volta espresso, il diritto di essere bambino. Parallelamente, nel 1897, Giovanni Pascoli, pubblica diversi saggi nei quali concepisce la teoria del fanciullino, che vede l'infanzia come unico momento in cui l'individuo può essere considerato puro.

IL TRAMONTO DELLA PEDAGOGIA POSITIVISTA

Verso la fine del secolo, il positivismo iniziò a vacillare, in quanto considerato inadatto a spiegare il senso della vita. In pedagogia, venne abbandonata la filosofia di Spencer, per favorire quella di Kant e Herbert; pertanto si favorì una concezione del metodo scientifico come mezzo per completare l'educazione, non per determinarla, e in ambito metodologico vennero applicate le tecniche degli Herbertianti tedeschi. Il principale esponente di questo movimento fu Luigi Credaro, il quale si dedicò alla diffusione dell'educazione popolare e al rafforzamento dell'educazione scientifica. Altri, come la Montessori, agirono in ambito più prettamente pedagogico.


LA NUOVA CONCEZIONE DELLA PEDAGOGIA: IL XX SECOLO

Il XX secolo si aprì con una grande fiducia nei confronti dell'educazione, e con un interesse nel rendere quest'ultima più rispettosa nei confronti delle esigenze infantili. Nel 1902 uscì infatti il saggio della scrittrice svedese Ellen Key, chiamato Il secolo dei fanciulli, in cui si affermava che se l'infanzia fosse stata posta al centro della vita pubblica e privata, l'umanità sarebbe stata resa migliore. Il testo divenne un punto di riferimento per i maggiori pedagogisti del secolo, tra cui la Montessori.


E' importante affermare che nonostante questa fiducia, non tutti i problemi furono risolti: a causa delle guerre, per esempio, morirono molti bambini. Ad ogni modo, non si può ignorare il fatto che vi fu una sempre maggiore attenzione nei confronti della pediatria e della psicologia infantile. A tal proposito, si moltiplicarono le strutture scolastiche, che divennero luoghi appositi e non improvvisati, forniti di materiale adeguato; si vide inoltre formarsi il primo abbozzo disistima scolastico aperto anche ai ceti popolari. Emersero anche nuove figure  professionali che si occupassero dei ragazzi: medici, neuropsichiatri, psicologi, educatori.

La base di questa svolta fu il nuovo modo di intere l'infanzia, che divenne un momento da valorizzare e in cui far crescere le potenzialità infantili; per educare bisognava fare leva sulla qualità naturali del ragazzo. Solo così facendo, si sarebbe potuta raggiungere un'età adulta buona. Un altro cambiamento importante avvenuto in questo secolo fu l'integrazione delle scienze, come la biologia, nell'educazione, dando vita alle così dette scienze dell'educazione. Il movimento che portò con se l'innovazione, prese il nome di scuola nuova, e in Italia attivismo. 

Questi cambiamenti si tradissero in un maggiore interesse per i fatti empirici dell'educazione, creando delle pratiche didattiche funzionali allo sviluppo mentale dei bambini. attraverso lo studio in laboratorio delle manifestazioni sensoriali e intellettive, anche con situazioni di disabilità, gli studiosi ebbero una più precisa idea di quali fossero i processi dello sviluppo psichico infantile.





Nel 1879, 
Wilhelm Wundt, fondò a Lipsia il primo laboratorio di psicologia sperimentale, per poi essere seguito da altri paesi. Nacquero in questi luoghi i primi test di intelligenza, grazie a
Binet. Lo scopo di queso strumento era identificare alunni che avessero particolare bisogno di aiuto in determinate materie. Grazie alla collaborazione con Simon, vennero apportati alcuni perfezionamenti al test, fino a raggiungere, grazie allo psicologo tedesco Stern, il test del QI: il calcolo del rapporto tra età mentale ed età cronologica.

Questi studi portarono a definire le differenze tra l'intelligenza adulta e l'intelligenza infantile, che ebbero utili conseguenze sul modo di intendere l'infanzia. Secondo Binet, gli elementi conoscitivi erano gli stessi in entrambe le fasi, e le differenze erano unicamente in ambito quantitativo e qualitativo: nel bambino prevaleva la comprensione di tipo sensoriale, mentre nell'adulto quella di tipo astratto.

L'EDUCAZIONE DEI SOGGETTI DISABILI

Durante questo periodo fu Claperede ad orientarsi particolarmente verso l'educazione dei soggetti disabili, considerati inadatti alla scolarizzazione. Egli rivolse la sua attenzione agli insegnanti, sostenendo che avessero loro per primi, la necessità di apprendere nuove modalità didattiche, idonee a favorire la crescita intellettuale di queste persone. 

INIZIATIVE PER I GIOVANI 

 Anche il mondo giovanile, subì, in questo periodo, delle profonde innovazioni, legate alla vita cittadina e alla sfera culturale. Nacque un nuovo modo di intendere la giovinezza: come un momento di ribellione e di esaltazione all'incoscienza. Nonostante questo si intrapresero degli studi atti a superare queste convinzioni, come ad esempio quelli di Stanley Hall: secondo i suoi studi, l'adolescenza era caratterizzata da sentimenti contrastanti e diversi turbamenti dovuta alla necessità di entrare nella vita adulta. Per sostenerli nella loro transizione era necessario che i giovani acquisissero un carattere forte, promuovendo i loro ideali come degni di interesse: solo in questo modo si sarebbe riusciti a superare il loro individualismo. 

Queste nuove concezioni si tradissero in delle nuove iniziative educative: la prima fu intrapresa in Germania, con i Wnadervögel. Questi giovani erano animati da uno spirito antiborghese, che si esprimeva nella vita a contatto con la natura, nel disprezzo del mito del denaro e della felicità materiale, del successo, della vita comoda, oltre che dei valori della liberaldenocrazia. Gli studiosi Wyneken e Geheeb, si interessarono allo studio di questo fenomeno, dando vita ad alcune comunità educative, in cui i loro valori spirituali potessero essere sviluppati. 

Diverso fu invece il movimento scoutistico, che nacque in Gran Bretagna nel primo decennio del '900, per volontà di Powell. Esso aveva come scopo la valorizzazione del tempo libero some tempo utile per l'educazione; qui l'esplorazione e la scoperta, si intrecciavano con il contatto con la natura e l'educazione allo stare in gruppo. 

In questo periodo si svilupparono anche gli sport, in quanto l'adolescenza venne concepita come età particolarmente adatte a forgiare sia il corpo che il carattere. Si crearono così delle società sportive.

IL MONDO DELLA SCUOLA 

Il mondo della scuola non restò indifferente di fronte alle innovazioni nella concezione pedegogi




ca dell'infanzia: infatti si aprì un dibattito riguardo a come sarebbe stato meglio adattare la scuola alle nuove esigenze dettate dalla modernità. Si propose una maggiore attenzione alle lingue moderne rispetto a quelle classiche, approfondimenti scientifici e del lavoro manuale, la diffusione di pratiche sportive e di stili di vita il più democratici possibile.

Fu nei collegi convitti che per la prima volta si manifestarono le innovazioni in materia pedagogica: ne sono un esempio e scuole nuove, fondate in Francia e Germania. I primi esempi furono però Abbotshole e Bedales, in Inghilterra, seguite poi dalla Casa di educazione di campagna in Germania. La prima innovazione fu l'introduzione di una disciplina frutto di una gestione democratica: come nel caso di Abbosthole, funzionavano come degli stati in miniatura. La formazione del carattere era perciò costituita dalla capacità di adeguarsi alle regole di convivenza. Ricorrente in questi contesti, fu inoltre, l'attenzione al rapporto con la natura.

Anche il ruolo dell'insegnate si dovette innovare: per esempio nelle Ecole des Roches Demolis, l'insegnante era visto come un uomo completo che altre alle materie scientifiche e classiche, doveva insegnare la morale. 

Le esperienze descritte rimasero per molto tempo, solo un fenomeno di élite: la scuola secondaria di inizio Novecento, rimase infatti ancora legata agli impianti e ai programmi tradizionali. Non bisogna dimenticare inoltre, che a causa della povertà era frequente il fenomeno del lavoro precoce.



POSITIVISMO E LOTTA CONTRO L'IGNORANZA

 In Italia, la cultura positivista giunse con un certo ritardo; a rallentare questo fenomeno contribuirono la mancanza dello sviluppo industriale e la diffusione dogmatica dell'ideologia, con la riduzione dell'uomo ad un puro e semplice fenomeno della natura. Infatti, il positivismo conseguì meriti in seguito alla modernizzazione dello Stato unitario, il quale portò ad un aggiornamento della cultura e all'ampiamente dei campi del sapere. Nell'ultima parte del XIX secolo si verificò un notevole sviluppo delle scienze scoiali e degli studi politici come l'economia. Le teorie dell'evoluzionismo diedero nuovo impulso a discipline come antropologia e criminologia, in particolare grazie a Cesare Lombroso. I risultati degli studi scientifici vennero utilizzati per combattere i pregiudizi ed ignoranza, e per migliorare le condizioni vita: l'obbiettivo era quello di creare una felicità generale, come aveva teorizzato John Stuart Mill e la scuola utilitaristica. 

IL POSITIVISMO ITALIANO

Grande attenzione fu riservata all'educazione, alla quale venne affidata la costruzione di quella società moderna che avrebbe dovuto essere basata su principi diversi dalle prevalenti tendenze spiritualistiche. Con Carlo Cattaneo erano emerse alcune rivalorizzazioni dell'illuminismo. Ma furono i positivisti a gettare le basi della svolta sperimentale della pedagogia. 

                                                                                                    
In particolare il positivismo italiano contributi ad evidenziare fattori molto rilevanti per la pedagogia globale. Uno di questi è il grande senso critico delle analisi; l'altra è la diffusione di una mentalità self helpista, quindi intraprendente, attiva e disposta a confrontarsi con le novità. In questo senso, la scienza viene assunta come metodo conoscitivo basato sull'osservazione critica e sul controllo delle procedure. Pertanto , la sua maggiore caratteristica è l'antdogmatismo. Come suggerì Aristide Gabelli, il ruolo della scuola era proprio produrre individui slegati da dottrine superate e pronti a potenziare le loro capacità individuali.

Pasquale Villari, lo scopo della scuola era quello di abituare gli individui a pensare autonomamente, a fondare le loro credenze non su esperienze di altri ma sulle proprie, formare persone pronte al cambiamento, attraverso il metodo scientifico. Così facendo, egli auspicava, si sarebbero potuti risolvere i problemi legati alla povertà; se questo venisse fatto allosra il risorgimento italiano si sarebbe potuto compiere pienamente. 

Nonostante questa spinta alla scienza non vennero screditati i licei classici, visti come eccellente base per una formazione tecnica furtura, poiché dediti all'insiegnamento del lavoro ben fatto.

IL SELF HELPISMO

Nel 1865 comparve Italia il libro del giornalista e scrittore scozzese Samuel Smiles, il quale affermava che il raggiungimento di uno status sociale elevato doveva passare necessariamente per un cambiamento di mentalità in positivo. Per raggiungere questo obbiettivo è necessario il self-helpismo, poiché in grado affermare le qualità di ognuno e di vincere gli ostacoli; o meglio, di volgere gli ostali a proprio vantaggio. A proposito di questo argomento, Michele Lessona pubblicò un libro contenente le biografie di persone, che sono state capaci di fare questo, in modo da ispira altre persone ad emularle. Altri autori pubblicarono opere simili, concentrandosi particolarmente sulla questione dei ceti più poveri, affermando che il riscatto sociale è possibile. 

LA NASCITA DELLA PSICOLOGIA SPECIALE

 Verso la metà del XIX secolo si manifestò anche un notevole interesse verso i soggetti con deficit psichici. Dopo il primo attento di Itard, si moltiplicarono ricerche mediche con annesse approfondite pratiche pedagogiche. Generalmente si fa coincidere la nascita della psicologia speciale con l'opera di Itard, anche se effettivamente venne messa in atto con le pratiche intraprese a favore dei sordi e dei ciechi, i primi portatori di handicap considerati "educabili".

GLI ISTITUTI PER SORDI E CIECHI

Nel campo dei sordomuti fondamentali furono le esperienze dell'abate Charles-Mchel de l'Epee, fondatore nel 1771dell'istituto per sordomuti di Parigi, e dell'insegnate laico Samuel Heinicke che istituì una scuola pubblica a Lipsia. Anche in Italia vennero aperti istituti simili, da parte di Tommaso Pendola e Ottavio Assarotti, i fratelli Giuseppe e Cesare Gualandi, Giulio Tarra e Pasquale Fornari.


Anche per i ciechi i primi tentativi vennero attuati in età illuminista. Studiosi come Valentin Haüy, Johann Wilhelm Klein e Louis Braille; in particolare il metodo di quest'ultimo, basato sulla creazione di punti in rilievo percettibili al rato, divenne molto celebre, dino ad essere proclamo metodo universale per la lettura e la scrittura dei ciechi, al Primo congresso internazionale per l'educazione nel 1878. 

Anche in Italia vennero fondate scuole per soggetti ciechi, in particolare a Padova e Milano.

L'EDUCAZIONE DEI SOGGETTI PORTATORI DI HANDICAP PSICHICI

Fu più tardo lo sviluppo di istituti per soggetti portatori di handicap psichici. Una figura fondamentale a proposito fu Edouard Seguin, allievo di Itard. Nel 1847, dopo aver lavorato per anni nei raparti ospedalieri in cui queste persone erano ricoverate, aprì una prima scuola speciale, in cui educò una trentina di bambini giudicati irrecuperabili. Egli costruì degli strumenti e estese delle linee guida mirato all'educazione di questi soggetti, che vennero poi prese come esempio da pedagogisti successi.

Seguin afferma che per quanto "les idots" non potano mai primeggiare in ambito sociale, sta nell'operativo educativo degli insegnanti il dovere di dare a tutti un'educazione adeguata. La loro condizione, afferma, è peggiorata da quello che si potrebbe fare ma non si fa.



In Italia la questione dei soggetti con handicap psichici fu presa in esame sopratutto dai medici e dagli psichiatri, che diedero loro l'appellativo di frenastenici. Fu però scarsa l'attenzione dei pedagogisti, a causa della loro mancata formazione scientifica e del loro impiego nella lotta contro l'analfabetismo. I medici che tentarono di attribuirsi la questione furono Sante De Sanctis e Giuseppe Sergi, ma per ottenere qualcosa di memorabile servì l'avvento di Maria Montessori. 



LA PEDAGOGIA SPERIMENTALE

 Grazie all'intervento di questi studiosi, la pedagogia iniziò ad assumere una sempre maggiore posizione di rilievo in quanto vero e proprio metodo sperimentale di studio. Per l'affermazione della pedagogia come scienza, fu fondamentale l'intervento del laboratorio di psicologia sperimentale di Wilhelm Wundt, a Lipsia. Gli studi qui condotti furono decisivi per la creazione della psicologia scientifica e ambirono a dimostrare sperimentalmente il funzionamento di alcuni aspetti della psiche umana; queste problematiche erano connesse anche agli aspetti educativi, poiché fu subito evidente che l'educazione poteva avere delle ripercussioni psicologiche. In tal senso, l'educazione sarebbe stata tanto più efficace quanto più adattevole alle necessità psicologiche individuali. La pedagogia iniziò a necessitare di conoscenze psicologiche specifiche, al fine di migliorare i propri metodi di educazione. Per ovviare a questa necessità fu necessario l'avvento di Alferd Binet e Theodore Simon.


 Emilè Durkheim è considerato uno dei maggiori studiosi della storia, in quanto fondatore della scienza sociale moderna. In particolare si concentrò su modi di agire e di pensare collettivi, i loro rapporti con la genesi e il funzionamento delle istituzioni, applicando le leggi dell'evoluzione all'analisi sociale. Secondo la sua filosofia, l'educazione era il frutto dell'ambiente sociale in cui un individuo vive; questa varia a seconda delle condizioni storiche classiche e delle classi sociali a cui poggia: esiste un'assoluta dipendenza tra il sistema formativo e la struttura sociale. L'educazione non è perciò infatti naturale, ma sociale. 

Per capire meglio questa posizione, è necessario ricordare che secondo Durkheim l'uomo è costituito da dude esseri: quello individuale, cioè un insieme di bisogni e desideri, e quello sociale, ovvero un sistema di idee, sentimenti ed abitudini che rispecchiano quelle del gruppo di cui facciamo parte. L'educazione è dunque quell'azione sociale e personale al tempo stesso che innalza l'individuo al di sopra di se stesso, conformandolo all'ideale della coscienza collettiva. 

Durkheim riserva molta attenzione al principio dell'ordine sociale, dal momento che senza ordine sociale nulla può sopravvivere: è un imperativo etico. Quindi l'educazione ha come primo scopo l'apprendimento di queste norme. Infatti, la scuola costituisce la struttura sociale più importante, insieme alla famiglia, poiché educa all'ethos collettivo. E' infatti espressione dei bisogni sociali e della morale collettiva e rappresenta il luogo collettivo per la formazione individuale. Essa infatti costituisce l'attuazione di due principi fondamentali nell'analisi sociologica di Durkheim: la riproduzione e l'integrazione. La scuola riproduce, infatti, il sistema di idee esterno e garantisce l'integrazione delle giovani generazioni nella società futura. 

Una critica che venne posta allo tudioso riguarda la possibile creazione, più che di individui disciplinari, di indeividui amansuatvi, che obbediscono alle regole sociali.

L'EDUCAZIONE DI HERBERT SPENCER

Herbert Spencer ottenne molto riscontro, perché elaborò una teoria filosofica di impianto evoluzionista, in cui propose una rivalutazione del sapere umano, compreso quello pedagogico. Egli elaborò la tesi dell'evoluzione come legge universale, applicabile ad ogi campo sella realtà, quindi anche alla società umana, ala linguaggio, all'arte, ecc. Nel 1861 Spencer presentò la sua pedagogia evoluzionistica nella prima edizione del saggio Educazione intellettuale, morale e fisica. 



In particolare, secondo la sua tesi, la legge dell'evoluzione poggia su tre caratteristiche specifiche: il passaggio da una forma meno coerente a una più coerente; il passaggio dall'omogeneo all'eterogeneo; dall'indefinito al definito. Il cammino evolutivo sarebbe dunque sostenuto da un moto propulsivo e da una forza di conservazione e riutilizzazione delle esperienze. L'intelligenza umana altro non sarebbe che un dato ereditario consolidato durante l'evoluzione mediante un progressivo accumulo di esperienze. 

Egli ritiene che l'educazione dell'uomo dovesse svolgersi tenendo conto prima di tutto della sua condizione di essere naturale; il fine dell'educazione è perciò strettamente legato alla concezione dell'uomo naturale, che si esprime tramite alcune attività che hanno carattere prioritario per la conservazione della specie; solo in ultima posizione Spencer poneva le attività che mirano alla soddisfazione personale. 

Di conseguenza lo studioso diede grande importanza alla formazione fisica dell'individuo, seguita dalla padronanza dell'intelletto tramite il metodo scientifico. Infine veniva l'educazione morale, che si concretizzava con l'adeguamento alle regole naturali, ovvero alle consuetudini sociali. In tal senso, la pedagogia di Spencer risultava essere perfettamente online con i principi della società borghese.

LA PEDAGOGIA DELL'ETA' DEL PROGRESSO

Intorno alla metà del XIX secolo lo scenario pedagogico si avvicinò molto alla moderna corrente di pensiero del positivismo. Quest'ultima venne fondata da August Comte nella sua opera Corso di filosofia positiva (1830-1842), in cui ricostituisce la storia sulla base della nozione di progresso, arrivando a concludere che la scienza e il metodo sperimentale sono le vie più adatte per raggiungere un sapere corretto. 

Il secondo principio della modernità scientifica venne invece introdotto da Charles Darwin, il quale elaborò la teoria evolutiva, mettendo in discussione i dogmi religiosi. L'uomo non è più dunque un domatore della natura, ma il risultato delle sue combinazioni casuali. 

Ovviamente, il verbo scientifico influenzò anche la pedagogia: il processo educativo fu concepito come un campo di applicazione dele forze evolutive messe a punto sul piano biologico, sociologico ed etico. L'educazione era dunque un fatto naturale da esplorare con i metodi biologici, psicologici, psicologici e sociologici: per questo si inizia a parlare di scienze dell'educazione.

A questa nuova sincera venne affidato il compito di ordinare lo sviluppo della società: non solo il suo compito era trasmettere il sapere, ma anche perpetrare valori socialmente utili, quali la laboriosità, la disciplina, il patriottismo, il rispetto delle gerarchie e l'igiene. 


I LATI NEGATIVI DELLA GLOBALIZZAZIONE E I NO GLOBAL
 Molti studiosi che si sono occupati di studiare la globalizzazione ne hanno evidenziato gli aspetti critici. Infatti, sopratutto a proposito della globalizzazione economica, è stato osservato che il prezzo da pagare per la globalizzazione delle merci è il non altrettanto globalizzarsi dei diritti: anzi spesso vi è un annichilamento di questi.

Inoltre la grande diramazione e diffusione di modelli culturali standardizzati, a fronte della necessità umana di identificarsi ha portato ad un grande senso di insicurezza. Sono per questo nati movimenti subculturali, che cercano su contrastare la globalizzazione, favorendo la loro cultura locale. 

Esistono anche dei movimenti (hanno diversa forma e natura) che si oppongono in modo diretto e conciso alla globalizzazione: i no global. I no global sono dell'idea che questa globalizzazione non sia affatto globale, ma che benefici sono un settore della società. Infatti, se questo processo non viene moderato, il mondo intero finirà per seguire un'ideologia neoliberista, che arricchirebbe unicamente le multinazionali e i governi occidentali. Si propone dunque un rinvigorimento delle piccole realtà economiche e culturali. Pur essendo un movimento con sedi frammentari, i no global sono riusciti a compiere azioni concrete ed efficaci, come da esempio il G8 di Genova; sono anche riusciti a portare ai governi problematiche quali le differente tra il mondo povero e il mondo ricco e la necessità di creare scenari mondiali più equi.

LE VARIE FORME DI GLOBALIZZAZIONE

LA GLOBALIZZAZIONE DELLE INFORMAZIONI

 La globalizzazione è un fenomeno che coinvolge anche il mondo dell'informazione: grazie all'avvento dei mezzi di comunicazione teconologici, oggi è possibile fare esperienza diretta di tutto ciò che accade in paesi anche lontani. Oltre alle informazioni, nello stesso modo si trasmettono anche contenuti simbolici che vanno a premere sulla nostra concezione del mondo e dei rapporti sociali, come mode o stili di vita.


LA GLOBALIZZAZIONE DELL'ECONOMIA

Al giorno d'oggi nessuna economia statale può considerarsi autonoma, sopratutto sotto l'aspetto commericale: non è detto che un prodotto comprato in Italia, si anche prodotto in Italia; questo fenomeno prende il nome di globalizzazione del lavoro. Molto spesso può risultare però dannosa, perché può sfocare in sfruttamento di manodopera di Paesi in cui questa casta meno.

Sono aumentati anche gli scambi e i flussi finanziari, perché legati al denaro elettronico e alla presenza delle multinazionali.



LA GLOBALIZZAZIONE POLITICA

La globalizzazione politica si manifesta particolarmente sotto forma di perdita di potere dello Stato nazionale. Un aspetto caratteristico di questo processo, è la tendenza alla scelta di relazioni internazionali, sia per quanto concerne situazioni locali che internazionali. Ciò implica che nessuna questione sia di competenza di una sola nazione: ciascuno Stato si sente sempre più coinvolto in quanto succede nel mondo.


LA GLOBALIZZAZIONE ECOLOGICA

Siccome è interesse di tutti che l'ambiente non venga danneggiato, è stato necessario attuare degli interventi si sensibilizzazione per la tutela dei luoghi a rischio; questo è stato possibile grazie ai nuovi mezzi di comunicazione tecnologici. Sul piano politico, questo va ad intrecciarsi con la globalizzazione politica, in quanto le manovre politiche per la conservazione del pianeta, sono da prendere internazionalmente, più che nei singoli stati. Questo fenomeno si chiama globalizzazione ecologica.


LA GLOBALIZZAZIONE CULTURALE

La globalizzazione ha importanti manifestazioni anche a livello culutale. Inizialmente gli effetti della globalizzazione vennero interpretati come un tentativo di uniformazione e omogenisswsion4 r4ll4 diverse tradizioni, per creare un'unica cultura globale; ma con il passare del tempo, ci si è accorti che le realtà globali tendevano comunque a mantenere le loro tradizioni, pur conoscendone anche altre provenienti da diverse zone del mondo. Parallelamente però sono nate anche dele forme culturali ibride, ovvero dei valori  nati in un determinato stato, ma diventati poi internazionali: il costo di questo processo, è la completa perdita di significato del valore stesso


LA GLOBALIZZAZIONE E LE SUE CONSEGUENZE

Una delle caratteristiche principali della globalizzazione è la perdita di importanza della dimensione fisica, quando si intraprende un rapporto: le persone sono connesse tra oro in modo ampio ed incontrollato. Infatti, la globalizzazione viene definita come stato di connettività complessa. SI dice infatti che il mondo stia diventando uno spazio sociale comune



Non solo i rapporti ma anche le informazioni valicano i confini spaziali: al giorno d'oggi abbiamo più consapevolezza su quali siano le culture di altri stati. Difatti, grazie a questa grandissima accessibilità ogni contesto diventa esplorabile, sia geografico che culturale. 

Sembriamo avvicinarci alla costituzione di un'unica società umana globale, poiché qualsiasi cosa accada è capace di influenzare individui provenienti da ogni parte del globo. La società globale è anche detta tradizionale, poiché si afferma indipendentemente dalla volontà degli stati, e molto spesso anche contro di essa.

La globalizzazione ha però anche dei risvolti negativi: ad una maggiore esposizione alle popolazioni abitanti stati diversi, non sempre corrisponde un'accettazione di essi. In questo modo nascono infatti situazioni di xenofobia e razzismo, ed aumenta la disparità tra privilegiati e non privilegiati: non tutti hanno infatti al disponibilità economica per inserirsi in questo sistema.

VERSO LA PEDAGOGIA SCIENTIFICA 

Un altro cambiamento importante avvenuto in questo secolo fu l'integrazione delle scienze, come la biologia, nell'educazione, dando vita alle così dette scienze dell'educazione. Il movimento che portò con se l'innovazione, prese il nome di scuola nuova, e in Italia attivismo. 

Questi cambiamenti si tradissero in un maggiore interesse per i fatti empirici dell'educazione, creando delle pratiche didattiche funzionali allo sviluppo mentale dei bambini. attraverso lo studio in laboratorio delle manifestazioni sensoriali e intellettive, anche con situazioni di disabilità, gli studiosi ebbero una più precisa idea di quali fossero i processi dello sviluppo psichico infantile.


Questi studi portarono a definire le differenze tra l'intelligenza adulta e l'intelligenza infantile, che ebbero utili conseguenze sul modo di intendere l'infanzia.


Secondo Binet, gli elementi conoscitivi erano gli stessi in entrambe le fasi, e le differenze erano unicamente in ambito quantitativo e qualitativo: nel bambino prevaleva la comprensione di tipo sensoriale, mentre nell'adulto quella di tipo astratto.Nel 1879, Wilhelm Wundt, fondò a Lipsia il primo laboratorio di psicologia sperimentale, per poi essere seguito da altri paesi. Nacquero in questi luoghi i primi test di intelligenza, grazie a Binet. Lo scopo di queso strumento era identificare alunni che avessero particolare bisogno di aiuto in determinate materie. Grazie alla collaborazione con Simon, vennero apportati alcuni perfezionamenti al test, fino a raggiungere, grazie allo psicologo tedesco Stern, il test del QI: il calcolo del rapporto tra età mentale ed età cronologica.

L'EDUCAZIONE DEI SOGGETTI DISABILI

Durante questo periodo fu Claperede ad orientarsi particolarmente verso l'educazione dei soggetti disabili, considerati inadatti alla scolarizzazione. Egli rivolse la sua attenzione agli insegnanti, sostenendo che avessero loro per primi, la necessità di apprendere nuove modalità didattiche, idonee a favorire la crescita intellettuale di queste persone. 

LA NUOVA CONCEZIONE DELLA PEDAGOGIA: IL XX SECOLO

Il XX secolo si aprì con una grande fiducia nei confronti dell'educazione, e con un interesse nel rendere quest'ultima più rispettosa nei confronti delle esigenze infantili. Nel 1902 uscì infatti il saggio della scrittrice svedese Ellen Key, chiamato Il secolo dei fanciulli, in cui si affermava che se l'infanzia fosse stata posta al centro della vita pubblica e privata, l'umanità sarebbe stata resa migliore. Il testo divenne un punto di riferimento per i maggiori pedagogisti del secolo, tra cui la Montessori.



E' importante affermare che nonostante questa fiducia, non tutti i problemi furono risolti: a causa delle guerre, per esempio, morirono molti bambini. Ad ogni modo, non si può ignorare il fatto che vi fu una sempre maggiore attenzione nei confronti della pediatria e della psicologia infantile. A tal proposito, si moltiplicarono le strutture scolastiche, che divennero luoghi appositi e non improvvisati, forniti di materiale adeguato; si vide inoltre formarsi il primo abbozzo disistima scolastico aperto anche ai ceti popolari. Emersero anche nuove figure  professionali che si occupassero dei ragazzi: medici, neuropsichiatri, psicologi, educatori.

La base di questa svolta fu il nuovo modo di intere l'infanzia, che divenne un momento da valorizzare e in cui far crescere le potenzialità infantili; per educare bisognava fare leva sulla qualità naturali del ragazzo. Solo così facendo, si sarebbe potuta raggiungere un'età adulta buona. 


LA PEDAGOGIA DI MARIA MONTESSORI

 Maria Montessori (1870-1952) fu una delle pedagogiste più influente della modernità. Ella fondò diverse scuole, come La Casa dei bambini, di cui raccontò nei suoi vari saggi. In questi luoghi venne creato un ambiente a misura del bambino e l'insegnate non aveva un compito direttivo, ma di consiglio. Anche il materiale didattico era particolare: gli oggetti servivano per sviluppare le capacità logiche e creative individuali; parallelamente alla scoperta singola dei vari materiali, venivano proposte attività individuali. 


Tra gli anni Venti e Quaranta, la Montessori andò a rielaborare alcune parti della sua opera per incrementarle con le nuove scoperte psicoanalitiche: condivideva con Freud l'ipotesi dell'importanza del subconsci. Ella, nel suo saggio La mente del bambino. Mente assorbente, definisce la mente del bambino come in continua evoluzione e capace di assorbire nozioni anche a livello inconscio, attraverso l'esperienza diretta. La Montessori utilizza la parola nobile per definire le sensibilità specifiche che insorgono nel bambino nel corso del suo sviluppo. Infatti, la principale novità introdotta da lei fu l'importanza data alle esperienze reali: il bambino va posto nelle condizioni di imparare autonomamente, attraverso la sua spontanea curiosità. La cosiddetta liberazione dell'infanzia consiste in un progetto basato sul rispetto delle personalità del bambino e sulla predisposizione di condizioni adatte al suo sviluppo. L'ambiente in cui il bambino impara ha dunque una funzione cardinale: se esso è pero di stimoli potrebbe distruggere le facoltà di una persona. 

Anche i maestri devono essere educati, in modo tale che quest'opera sia possibile. Montessori parla della necessità di formare maestri scienziati, ovvero che sappia osservare. 



LA PEDAGOGIA DI CLAPAREDE

Accanto all'opera di Dewey, assunse un ruolo molto importante l'Institut Jean-Jacques Rousseau, fondato a Ginevra, da Claparede. Era un centro di ricerca, che svolse un importante ruolo di innovazione a livello dell'organizzazione pedagogica.


Già nei suoi saggi pedagogici (Psicologia del fanciullo e pedagogia sperimentale), il pedagogista esprime la sua teoria, secondo la quale per garantire una buona educazione era necessario che gli insegnati fossero ben preparati, e che si avvalessero di uno spirito scientifico.  Lo studioso invita perciò i maestri a studiare gli allievi e l'ambiente nel quale vivono per essere in grado di individuare le potenzialità intellettive di ognuno. 

Questi principi furono tradotti in un modello scolastico, descritto nel saggio pedagogico La scuola su misura. Il caposaldo di questo modello è la scuola individualizzata, ovvero adattata alle capacità personali dei fanciulli, proponendo classi mobili, classi parallele, sezioni parallele, discipline opzionali, impiego di materiali autocorrettivi. L'alunno deve essere messo al centro dei programmi pedagogici: il suo interesse deve essere usato come leva per la sua attività di sviluppo. 

Claperede è infatti considerato infatti il creatore della pedagogia funzionale, poiché consente al fanciullo di adattarsi all'ambiente in cui vive. Egli prende molto esempio dalle teorie dell'evoluzionismo, secondo le quali l'essere umano è per sua natura curioso, e tende per questo a scoprire strumenti per affermarsi nella società: questo avviene attraverso l'atto intelligente. 

LE LEGGI FONDAMENTALI

A proposito dei dinamismi che regolano l'educazione, Cleperede individua tre leggi: la legge del bisogno, secondo la quale l'attività mentale è sempre genera da un bisogno; la legge dell'interesse momentaneo, secondo cui in ogni momento un organismo agisce seguendo la direzione dl suo interesse; la legge del tatonnement, secondo la quale l'individuo cerca di dare un senso alle situazioni che risultano confuse. L'educazione deve seguire questi passaggi.

La pedagogia funzionale considera l'essere umano nella sua totalità biopsichica, e fa dunque leva sul fatto che la scuola deve essere interessante e sviluppare le varie intelligenze individuali. Nella sua pedagogia egli pone molta attenzione al gioco infantile, visto come un esercizio di apprendimento spontaneo; inoltre, secondo la sua teoria gli insegnati devono interagire direttamente con gli alunni.


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