mercoledì 7 ottobre 2020

PSICOLOGIA


Gustave Le Bon fu un personaggio controverso del ventaglio intellettuale francese del secolo scorso. Filosofo, sociologo, psicologo, biologo: per una vita si fece chiamare “professore” senza mai aver conseguito la laurea. Tuttavia tra i suoi estimatori si contavano i più grandi filosofi e intellettuali del primo Novecento, che settimanalmente cenavano da Le Bon mentre egli presidiava in modo inusuale il pasto con una campanella e imponeva l’argomento del dibattito. La psicologia delle folle è oggi il suo più celebre ed attuale scritto. Un’opera che, come la stessa preparazione dell’autore, non si pretende scientifica ma intuitiva, che può essere facilmente criticata per l’approssimatezza dell’analisi e che pure ha avuto più riscontro nella realtà di quanto non si creda. Gustave Le Bon, infatti, definisce il concetto di folla, ne studia il comportamento e le tendenze, le istanze psichiche che muovono la sua approvazione o la sua disapprovazione, spiega come dominarla e persuaderla. Non a caso a leggere il suo libro con meticolosità furono Lenin, Stalin, Hitler e per ultimo Mussolini che la definì “un’opera capitale”. Ancora oggi la psicologia delle folle viene apprezzata, con tutti i suoi limiti, dai maggiori psicologi e scienziati per la genialità intuitiva dell’autore e per la sua funzionalità sul piano del consenso politico.

La folla non è obbligatoriamente un numero immenso di persone riunite nello stesso luogo, ma è piuttosto uno stato d’animo comune, è un momento in cui il singolo si disfà della sua particolarità per fare proprie caratteristiche nuove che lo rendono partecipe di un’anima collettiva. L’intelligenza individuale si perde immediatamente nella folla, ogni intelligenza si abbassa ad un grado intellettivo minore. La folla, in poche parole, è limitata. In essa le peculiarità si appiattiscono verso il basso, i sentimenti e le emozioni verso un punto preciso ed uguale per tutti. All’interno della folla, dunque, in cui sussiste la sola caratteristica dell’anonimato, vi è a tutti gli effetti un fenomeno di deresponsabilizzazione dell’individuo, che viene mosso non più dalle sue istanze regolatrici o censorie (Io e Super-Io), ma propriamente dall’inconscio. La folla è una grande anima inconscia che da sfogo alle sue più intime pulsioni. Si esalta, si lascia sedurre e adulare, è violenta e allo stesso tempo può dimostrarsi eroica, è sempre irrazionale e odia la logica ed il ragionamento. Il buon oratore, secondo Gustave Le Bon, non può fare uso del ragionamento logico e scientifico, né tantomeno del buon senso; è invece la metafora assurda ed infondata, la similitudine sbalorditiva, l’iperbole, l’esclamazione, la violenza: è tutto ciò che provoca una reazione emotiva forte ad essere in grado di animare la folla. Tutto si gioca necessariamente su questo piano, attraverso una serie di passaggi, tra cui quello che Le Bon definisce il contagio mentale, ovvero il fatto che un’idea sia in grado di trasmettersi con grande rapidità e inconsapevolmente tra gli individui che compongono la folla. E queste idee si trasmettono con tanta forza che ogni membro della folla è in grado di agire contro i propri interessi – l’interesse muove solo l’individuo isolato – contro la sua incolumità, oltre il suo istinto di sopravvivenza, secondo principi di irritabilità, mutevolezza, intolleranza. Ma la folla, pur essendo influenzabile e manipolabile è, secondo Le Bon, ostile al cambiamento ed al progresso, è conservatrice e ha una sua moralità.

Le considerazione di Le Bon rimangono tutt’oggi affascinanti e le istanze che muovono le folle, pur cambiato il contesto storico, sono sempre le stesse. Si è in effetti trasformato il mezzo con il quale si adula la folla, così come sono cambiate le dinamiche di questa, sicché il singolo individuo, dinanzi ad un programma televisivo, può considerarsi parte della folla e soggetto alle stesse condizioni.

Sociologia: La società di massa

  Società di massa: Società caratterizzate da un significativo ruolo delle masse nello svolgimento della vita politica e sociale, ma anche da una loro crescente omologazione, perdita di autonomia individuale, atomizzazione, conformismo, facilità di manipolazione ed eterodirezione. L’avvento della s. di m. viene solitamente datato tra la fine del 19° sec. (già nel 1895 G. le Bon scriveva la Psicologia delle folle) e gli inizi del 20° e ha caratterizzato tutto il Novecento, parallelamente con l’affermarsi della società industriale, della produzione in serie e del mercato dei consumi di massa tipici di taylorismo e fordismo. L’aumento demografico, l’urbanizzazione di massa, la diffusione della scolarità, l’estendersi del diritto di voto hanno completato il quadro, favorendo un ruolo più consapevole e una maggiore partecipazione politica delle masse (non a caso è questa l’epoca anche dei partiti di massa), ma parallelamente la crescente burocratizzazione e concentrazione del potere, sempre più impersonale, il ruolo sempre più forte di strutture e organizzazioni rispetto ai singoli hanno favorito una crisi dell’individuo e della sua autonomia e un suo graduale immergersi e omologarsi nella s. di massa. Tali processi hanno a loro volta creato un terreno favorevole al predominio di ristrette élite (J. Ortega y Gasset, C.W. Mills) e all’avvento di regimi totalitari (K. Mannheim), che G.L. Mosse ha legato alla «nazionalizzazione delle masse». L’uso dei moderni mezzi di comunicazione di massa – tipico l’esempio di quello fattone dal regime nazista e dal fascismo, dal cinema alla radio  ha costituito un’ulteriore importante componente di tale processo, come il ruolo crescente e pervasivo svolto dalla pubblicità nelle società democratiche nei decenni postbellici. Massificazione ed eterodirezione dei comportamenti sono dunque avanzate ulteriormente nella seconda metà del 20° secolo. La stessa crescita economica e l’estendersi del mercato dei consumi di massa hanno fatto sì che alle differenze economiche e sociali abbia corrisposto una graduale omogeneizzazione di costumi, stili di vita e modelli culturali, delineando un nuovo tipo di s. di m., la società dei consumi. Parallelamente, la forza dei moderni mass- media, stampa e televisione in primo luogo, ha accresciuto le possibilità di manipolazione dell’opinione pubblica e dei comportamenti sociali. Molti studiosi hanno quindi individuato nelle s. di m. una dicotomia fra un «pubblico di élite», composto da gruppi dirigenti e avanguardie intellettuali, e un «pubblico di massa», ossia un insieme di persone dotate di un sistema di credenze cognitivamente povere ed emotivamente instabili, e pertanto esposte alle manipolazioni e alla eterodirezione delle élite. In questo senso, le teorie sulla s. di m. mettono in luce come taluni processi di modernizzazione tendano a costruire una società di «uguali» che, se da una parte poggia su una base estesa di democratizzazione, dall’altra – accrescendo le disuguaglianze in termini economici e di potere e alimentando dinamiche di omologazione e atomizzazione sociale – allontana le masse stesse dall’esercizio della sovranità e in qualche caso dalla stessa partecipazione politica.

venerdì 2 ottobre 2020

SOCIOLOGIA: SOCIALIZZAZIONE



 Il processo di socializzazione è quel processo tramite cui l’individuo diviene parte della società ed interiorizza le norme, i valori e tutto il patrimonio culturale che la società gli trasmette, garantendo così la continuità tra le generazioni.

Con il termine educazione si intende il processo di formazione della personalità individuale che avviene attraverso la trasmissione si norme, valori, atteggiamenti e comportamenti (cultura) condivisi dal gruppo sociale di appartenenza. Quando si parla di educazione si fa riferimento agli aspetti più formalizzati e istituzionalizzati della socializzazione. Ogni processo educativo è volontario consapevole e finalizzato al raggiungimento di certi obiettivi ben definiti.
Il concetto di socializzazione è invece più ampio. Esso comprende infatti gli aspetti più informali e spontanei della trasmissione culturale, vale a dire l’insieme delle relazioni sociali di un individuo, è una forma di riproduzione della società e di trasmissione culturale; educazione è invece l’insieme di significati ideali che vengono attribuiti ai comportamenti umani, e che rappresentano un obiettivo di valore universale a cui si vorrebbe conformare tutti i processi reali di socializzazione.
La socializzazione non è un processo standardizzato e chiuso, ma più che altro una “negoziazione” continua tra socializzatori e socializzati, costantemente aperta alla possibilità di mutamento degli standard comportamentali e dei modi di vedere le cose.In tutte le specie animali, il processo di socializzazione è influenzato da fattori e limiti biologici.  Nel caso della socializzazione degli umani, tuttavia, i fattori biologici sono solo limitatamente rilevanti. Donne e uomini hanno infatti una scarsa dotazione di comportamenti innati (battere le palpebre, afferrare, succhiare). Per il resto, tutte le abilità umane complesse sono acquisite attraverso processi di apprendimento culturalmente condizionati.Ogni società privilegia specifici valori culturali. È sulla trasmissione di tali valori che si incentra il processo di socializzazione dei bambini. Sui valori poggiano le norme culturali - anch’esse diverse da società a società – che regolano le interazioni tra individui e gruppi. Le norme più rilevanti entro il contesto vengono fissate in leggi. Accanto a esse, tuttavia, vi sono molte altre norme che, seppur non codificate formalmente, risultano importanti per i membri della società e che quindi costituiscono oggetto di socializzazione. Le difficoltà nel dipanare la relazione tra contesto biologico e contesto culturale: il caso del ragazzo selvaggio dell’Aveyron (Francia, 1800).




PEDAGOGIA: IL RAGAZZO SELVAGGIO DELL'AVEYRON

Jean-Marie- Gaspard Itard (1774- 1838) medico francese, è considerato uno dei pionieri della pedagogia speciale.E' diventato famoso per il tentativo di educare Victor, il selvaggio dell'Aveyron. Il bambino che sembrava avere dodici anni ma di cui non si conosceva l'età reale, fu trovato nei boschi dell'Aveyron, solo incapace di parlare.

Dato che nota che reagisce al suono della''o'', gli dà il nome Victor e stabilisce 5 criteri per la sua rieducazione:

1) Fargli amare la vita di società 

2)Risvegliare la sua sensibilità nervosa

3) Estendere la sfera delle sue idee creando nuovi bisogni

4) Condurlo all'uso della parola con l'esercizio dell'imitazione

5) Sfruttare i suoi bisogni fisici per avviare le semplici operazioni della mente 


Dopo 5 anni di terapia Victor non è più un idiota, ha imparato a:

  •  leggere e scrivere
  • ha stabilito vincoli
  • Conosce il bene ed il male  e piange per le punizioni immeritate.  Non ha però acquistato l’uso della favella ed i suoi interessi mentali sono sempre limitati, fino alla fine della sua vita, avvenuta in un istituto di sordomuti all’età di 40 anni.

Itard diventa  con questo progetto il pioniere della pedagogia scientifica e dell'ortopedagogia aprendo la strada alle scoperte delle Montessori. Nel resto della vita si occuperà del problema del mutismo approfondendo la sua intuizione circa gli stretti rapporti tra fattori psichici  somatici.

Bambino selvaggio ritrovato nei boschi: salvato dal dottor Itard

PEDAGOGIA: L'ABBECEDARIO DI FRANCESCO SOAVE

 FRANCESCO SOAVE, educatore della congregazione de padri somaschi, diffuse in Italia le teorie legate all'empirismo lockiano e al sensismo di Condillac, rivedendole però alla luce della fede cattolica. La sua opera più celebre sono le Novelle morali, uno dei primi testi di letteratura per l'infanzia. 

Nel  1786 fu pubblicato l'Abbecedario, utilizzato nelle scuole elementari della Lombardia austriaco; il testo era anonimo, ma l'autore era Francesco Soave. Anche questo libro, come le Novelle Morali, conobbe edizioni ed era caratterizzato da un forte contenuto etico le massime morali erano seguite da proverbi, per facilitare la comprensione e la memorizzazione. Le favole erano tratte da Esopo. Il libretto raccomandava ai bambini ad aiutare gli altri, di essere modesti e onesti, di ragionare sulle conseguenze delle proprie azioni, di accontentarsi del proprio stato senza nutrire invidia, e ribadiva che la felicità era conseguenza della virtù. 

Francesco Soave - WikipediaNovelle morali di Francesco Soave ad uso de'fanciulli - ferralex - Wattpad

ANTROPOLOGIA:

  COS'E' LA RELIGIONE  Oggi per religione si intende un insieme di credenze che si fondano su dogmi e cerimonie, che hanno lo scopo ...